DSA – PROVIAMO CON LA MUSICA? PARTE SECONDA

Autore: Cremaschi Trovesi Giulia

Prima pagina del “Giornale per bambini” con il terzo capitolo de “Le avventure di Pinocchio” (14 luglio 1881)

PARTE SECONDA: L’INDIVIDUALITÀ DI OGNI PERSONA

3. La didattica individualizzata e personalizzata. Strumenti compensativi e misure dispensative.

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La Legge 170/2010 dispone che le istituzioni scolastiche garantiscano «l’uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto anche di caratteristiche peculiari del soggetto, quali il bilinguismo, adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate». 
I termini individualizzata e personalizzata non sono da considerarsi sinonimi. In letteratura, la discussione in merito è molto ampia e articolata. Ai fini di questo documento, è possibile individuare alcune definizioni che, senza essere definitive, possono consentire di ragionare con un vocabolario comune.

“Individualizzato” è l’intervento calibrato sul singolo, anziché sull’intera classe o sul piccolo gruppo, che diviene “personalizzato” quando è rivolto ad un particolare discente.

La didattica individualizzata consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere l’alunno per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze, anche nell’ambito delle strategie compensative e del metodo di studio; tali attività individualizzate possono essere realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad esse dedicati, secondo tutte le forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla normativa vigente. 
La didattica personalizzata, invece, anche sulla base di quanto indicato nella Legge 53/2003 e nel Decreto legislativo 59/2004, calibra l’offerta didattica, e le modalità relazionali, sulla specificità ed unicità a livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni della classe, considerando le differenze individuali soprattutto sotto il profilo qualitativo; si può favorire, così, l’accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno, lo sviluppo consapevole delle sue “preferenze” e del suo talento. Nel rispetto degli obiettivi generali e specifici di apprendimento, la didattica personalizzata si sostanzia attraverso l’impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche, tali da promuovere le potenzialità e il successo formativo in ogni alunno: l’uso dei mediatori didattici (schemi, mappe concettuali, etc.), l’attenzione agli stili di apprendimento, la calibrazione degli interventi sulla base dei livelli raggiunti, nell’ottica di promuovere un apprendimento significativo.

Fra i più noti indichiamo:
– la sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in un compito di ascolto;
– il registratore, che consente all’alunno o allo studente di non scrivere gli appunti della lezione;
– i programmi di video scrittura con correttore ortografico, che permettono la produzione di testi sufficientemente corretti senza l’affaticamento della rilettura e della contestuale correzione degli errori;
– la calcolatrice, che facilita le operazioni di calcolo;
– altri strumenti tecnologicamente meno evoluti quali tabelle, formulari, mappe concettuali, etc.

(“Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Dipartimento per l’Istruzione Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione” – “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento”)

Le parole scritte dagli specialisti del MIUR dicono a chiare lettere che i processi di apprendimento sono personali, soggettivi. Non ci sono e non possono esserci due bambini uguali. Non ci possono essere due bambini che imparano allo stesso modo, con gli stessi tempi di applicazione. 
Occupandoci di bambini piccoli possiamo constatare che l’apprendimento del linguaggio verbale è soggettivo. Ogni bambino impara a parlare a modo suo, con il suo ritmo, rispondendo all’ambiente che lo circonda secondo le sue capacità. Perché occuparci dell’apprendimento del linguaggio verbale? Perché ogni studio, lavoro, attività, rapporto sociale, si realizza utilizzando il linguaggio verbale. Si pongono interrogativi quali:
– quando un bambino incomincia a parlare?
– quali sono gli elementi che influenzano l’apprendimento del linguaggio verbale in un bambino?

“La musica guida verso ogni cambiamento, 
per questo è all’inizio dell’ordine e della 
possibilità di ogni cambiamento”” 
(Aristide Quintiliano, dal trattato “De Musica” Grecia, 200 a. C.)

Le risposte sono complesse. Un dato comune per tutti i bambini, senza differenze di razze e culture, consiste nel fatto che l’apprendimento del linguaggio verbale inizia ancor prima della nascita. Il grembo materno è la prima orchestra che non smette di pulsare, ritmare, suonare per tutto il periodo della gestazione. La percezione di questo mondo musicale è affidata al corpo, al feto che, di ora in ora, modifica le sue dimensioni. Il feto vive dentro alle onde liquido – sonore, percepisce con tutto se stesso, convibra con il vibrare del corpo materno. Ciascuno di noi è corpo. Nella vita fetale il corpo è corpo vibrante. Il feto vibra delle onde sonore, delle emozioni della madre. Nella vita di tutti i giorni noi tutti siamo corpo vibrante. La cultura ci ha abituati a credere che riceviamo le onde sonore soltanto attraverso l’udito. L’apparato uditivo è specializzato nel distinguere le frequenze acute, ossia le armoniche che determinano i timbri dei suoni. Il corpo è il ricettore, il grande orecchio che percepisce convibrando con l’ambiente in un’ininterrotta risonanza con il mondo. Anche se non siamo consapevoli di questo convibrare, siamo sempre coinvolti.

La memoria fatta di ritmi, suoni, versi, rumori, voci etc. ha avuto inizio ancor prima di nascere. La memoria sarà uno degli elementi di fondamentale importanza nell’apprendimento, per tutta la vita. Il neonato, crescendo, accumula esperienze, percezioni, attraverso le emozioni. Possono essere esperienze, emozioni, percezioni che favoriscono o non favoriscono gli apprendimenti.
– Il farsi della parola dipende dal respiro.
– La respirazione investe il corpo. Il corpo, per respirare, deve muoversi.
– Il feto ha imparato a muoversi perché vive in un corpo in costante movimento.
– Ogni movimento ha un prima e un dopo.
– Ogni movimento è ritmo: si realizza nel prima e nel dopo, mentre il tempo passa.
– L’ordine nella successione ritmica è la numerazione.
– L’ordine negli accenti, nella melodia delle parole è canto.

Ritmi e suoni sono il fondamento della nostra vita. Ritmi e suoni sono all’origine del movimento, del numero, della parola. Per il bambino in età della scuola materna e del primo ciclo della scuola primaria, movimento, numero, parola sono una cosa sola. Gli apprendimenti scolastici condurranno gli scolari a cogliere le differenze fra le discipline. È un fatto innegabile che ogni disciplina è detta, descritta con le parole. Parlare. Leggere, scrivere, far di conto sono apprendimenti indispensabili.
In una costruzione noi ammiriamo tutto ciò che possiamo vedere. Le fondamenta sono invisibili; sono sotto a tutto ciò che è visibile. Così accade per noi. Tutto ciò che sarà osservabile a scuola si è strutturato negli anni precedenti. Gli apprendimenti scolastici sono le costruzioni che sorgono sulle fondamenta generatesi negli anni precedenti. Le difficoltà che emergono a scuola dimostrano che gli apprendimenti del bambino appoggiano su fondamenta poco solide. Questi sono i motivi per i quali le attività scolastiche del leggere, scrivere, far di conto, si innestano con il modo di sperimentare e imparare che il bambino ha sperimentato quando era più piccolo. Da secoli stiamo dimenticando che l’essere umano ha imparato a parlare, parlando. Le nostre parole portano nelle loro strutture i suoni delle lingue morte. L’uomo ha conquistato i segni dell’alfabeto disegnando. Infatti i nostri segni provengono da disegni la cui storia si perde nella notte dei tempi. L’uomo ha imparato a numerare (i nostri segni numerici portano ancora le tracce dell’antica corrispondenza biunivoca) manipolando oggetti e calcoli (sassolini). La parola si realizza attraverso il dialogo fra il bambino e gli adulti che gli sono vicini. La parola è parabola, ponte di collegamento fra due o più persone. Esistono correlazioni fra ontogenesi (crescita di una persona) e filogenesi (crescita dell’umanità). Nella filogenesi gli esseri umani si sono serviti della voce per dare suono alla voce, per dire, per condividere con la voce le esperienze vissute. Così fa il bambino che procede nell’aprirsi al linguaggio verbale attraverso il dialogo, l’ascolto degli adulti.

Il bambino ascoltato impara ad ascoltare, ad ascoltarsi.

Ogni essere umano si evolve secondo le sue capacità, le esperienze, le sollecitazioni affettive ed ambientali. Tutto ha il carattere della soggettività. Ogni essere umano cresce, si evolve, impara sulla base delle esperienze, dell’affettività, dei vissuti che ha accumulato dentro di sé.

Suoni, ritmi, movimento sono le fondamenta sulle quali sorgeranno gli apprendimenti. La storia di ogni bambino comprende i motivi dei comportamenti, del livello di attenzione, dell’impegno che gli sarà richiesto nella vita scolastica. L’attenzione nel bambino cresce con il passare dei mesi. A un anno di età gli interessi dei bambini durano per pochi minuti, a tre anni dovrebbero durare più a lungo e così via. I testi dei pedagogisti sono ricchi di documentazioni. I tempi di attenzione dovrebbero prolungarsi con il passare degli anni. L’attenzione è frutto della pratica dell’attenzione stessa. Si impara a rispettare il turno quando si condivide un’esperienza all’interno di un gruppo. Fino a quando un bambino vive in famiglia, magari è figlio unico, come può imparare il comportamento richiesto nel gruppo? Fino a quando un bambino ha avuto tutto il tempo per essere spettatore davanti al teleschermo o impegnato con una macchinetta elettronica nelle mani, e nessun adulto si è preoccupato di valutare quali contenuti, apprendimenti, fantasie si sono sviluppate in lui, come possiamo chiedergli di applicarsi sulle pagine di un quaderno per tempi che si prolungano di giorno in giorno? L’esposizione prolungata a rumori, apparecchiature elettriche accese etc. è un continuo e costante stimolo al movimento perché le onde sonore sono onde di energia, spinta al movimento. Non dobbiamo stupirci di leggere dati statistici che segnalano il costante aumento di bambini in continuo movimento. Ne consegue che i bambini sono carichi di energia che non trova uno sfogo adeguato. L’apprendimento ne fa le spese.

La scuola primaria, sotto l’aspetto di bambini, ossia in dimensioni ridotte, in realtà è frequentata da persone si sono fatte una visione del mondo coerente con le esperienze vissute. Un bambino di sei anni ha avuto molte occasioni per imparare e farsi un’idea di quello che lo riguarda. Imparare a condividere le attività scolastiche con i compagni richiede di modificare le abitudini, il modo di guardare al mondo, alla vita, di mettersi in discussione. Noi adulti simo disposti a consentire agli alunni di una classe di imparare a convivere, a condividere con gli altri le attività scolastiche? 
Stare con gli altri è un apprendimento che si evolve nel tempo, stando con gli altri. 
Aspettare il proprio turno è un apprendimento. 
Ascoltare quello che dice un compagno è un apprendimento. 
Trarre profitto da quello che fa un compagno alla lavagna è un apprendimento.
Non fare cadere matite, gomme, fogli, quaderni etc. dal banco è un apprendimento. 
Saper gestire lo spazio del banco con quaderni, libri, matite, gomme, penne etc. è un apprendimento.
Saper temperare una matita è un apprendimento.
Saper fare scorrere la punta di una biro sul foglio con una prensione adeguata delle dita e con scioltezza del polso è un apprendimento…