Arpa terapia. Suoni che curano l’anima
Articolo di Paola Beltrami da State of mind – Il giornale delle scienze psicologiche
La prima domanda che immagino sorgere nel lettore è: Perché si parla di arpa terapia e non di musicoterapia con l’arpa? E poi, se esiste l’arpa terapia esiste anche la violino terapia, la piano terapia, l’oboe terapia? Cosa c’è di così unico nel suono dell’arpa tanto da affiancare la parola “terapia” per designare questo modo particolare di curare con i suoni? E quindi, da ultimo, che cos’è l’arpa terapia? Quali sono i suoi principi costitutivi e i suoi ambiti d’intervento?
Sono arpista e musicoterapeuta. Dopo trent’anni di esperienza in musicoterapia mi sono affacciata al mondo dell’arpa terapia studiando e diplomandomi presso l’International Harp Therapy Program creato da Christina Tourin (la sua storia e la sua attività sono consultabili sul sito).
Prima di addentrarmi nella magia del suono dell’arpa, vorrei spendere due parole su ciò che arpa terapia non è, per fare pulizia di idee e di linguaggio.
Innanzitutto arpa terapia non è concertismo, nemmeno pensato al letto di un malato o in una hall di un ospedale. Nel libro Arpa terapia. Suoni che curano l’anima ho scritto:
Arpa terapia è qualcosa di unico, come un abito fatto su misura. Sebbene anche una buona musica ascoltata in un concerto possa far bene ed abbia sicuramente dei risvolti terapeutici, l’arpa terapia è qualcosa di altro e di più.
E’ suonare, improvvisando, la musica adatta alla persona, per favorirne il rilassamento, il lasciar andare le tensioni, l’affidarsi per rigenerarsi. E’ creare uno “spazio sacro”, una “culla del suono” che abbracci, accolga, custodisca il paziente/cliente. Perché il suono dell’arpa crea emozione, rilassamento, benessere, ottenuto da un profondo e tranquillizzante effetto sonoro, un vero e proprio massaggio corporeo semplice e naturale, compiuto dalle potenti ed avvolgenti vibrazioni che scaturiscono dallo strumento, quando l’arpa terapista improvvisa e suona ascoltando profondamente la persona che gli è affidata.
Arpa terapia è quindi fare musica con il cuore, creando momento dopo momento le sonorità adatte a generare benessere in chi ascolta. Il dialogo sonoro nasce ricalcando il ritmo respiratorio, trasformando con suoni e ritmi la corporeità della persona, le sue tensioni o rigidità, la sua postura, il timbro vocale, la gestualità, la mimica. E il dialogo, se è veramente tale, si trasforma, non è monologo a senso unico, ogni frase tiene conto della risposta dell’altro, vi si adegua, ascolta, accoglie, e lentamente conduce alla trasformazione, a modificare lo stato tonico-emotivo e a favorire la guarigione, intesa non come riduzione dello stato di malattia, ma come acquisizione di benessere fisiologico e interiore, pur persistendo, nella maggioranza dei casi, la patologia.
Infatti, l’etimologia della parola guarire è riconducibile all’antico germanico warjan = mettere al riparo, difendere, proteggere, a sua volta, dalla radice var- = guardare o anche coprire (entrambi nel senso di curare, proteggere). Identica radice si trova nell’inglese to ware = curare, proteggere. (Etimologia tratta daetimo italiano. Consultato il 2 gennaio 2021)
La guarigione è un quindi un duplice processo in quanto dipende sia dal malato che si lascia “guardare, proteggere, curare”, sia dall’arpa terapista che con la sua musica può mettere al riparo, custodire, sostenere e comprendere chi vi si affida.
Inoltre arpa terapia non è musicoterapia.
Usare l’arpa in musicoterapia è auspicato per generare un’attenzione d’ascolto profonda, intensa. L’arpa ha un timbro poco conosciuto, può stupire, incantare, proprio come il mito di Orfeo ci ricorda. Può penetrare in dialogo sonoro con il pianoforte a coda per amplificare l’effetto della risonanza e infondere una benefica energia in chi ascolta seduto sopra la sua casa armonica.
Ma usare l’arpa in musicoterapia non significa fare arpa terapia perché le due discipline, per quanto possano apparire differenti solo nell’uso dello strumento principale, hanno scopi e modi di approccio distinti.
L’arpa terapia non ha finalità che riguardano il cambiamento del comportamento della persona. Non si preoccupa che il bambino impari a parlare, o che la persona riprenda a camminare. È un “qui ed ora” in cui si crea una “Culla del suono” che agisce sul respiro, sul dolore, sul malessere dell’individuo e li trasforma. L’obiettivo principale riguarda prevalentemente la sfera emotiva che si manifesta nella fisiologia della persona. L’intervento non è continuativo come quello della musicoterapia e il beneficio che si ottiene dipende dalla qualità particolare del timbro del suono.
Ecco perché si parla di arpa terapia. Il potenziale curativo della terapia con i suoni dell’arpa sta proprio nella particolare caratteristica del timbro di questo strumento e del modo in cui le corde vengono pizzicate (Fig. 1)
Fig. 1: L’arpa
Senza addentrarci nel difficile linguaggio della fisica acustica e in contenuti troppo specialistici, ci basti in questa sede ricordare che l’arpa è uno strumento a corde pizzicate con caratteristiche specifiche. La corda è pizzicata circa a metà della sua lunghezza. Questo crea un suono particolare (viene annullato il secondo armonico) che al nostro orecchio appare particolarmente puro, cristallino, angelico. Ogni corda pizzicata continua a vibrare a lungo a meno che non la si smorzi. La somma delle vibrazioni di una corda dopo l’altra e di più corde simultaneamente crea un impasto sonoro che avvolge la persona in ascolto.
I suoni si intrecciano, gli effetti di risonanza si sommano e raggiungono la persona che ascolta penetrando in profondità.
Non tutti i suoni risuonano nel corpo allo stesso modo. Non tutti i suoni raggiungono tutte le parti del corpo. Se mi pongo in ascolto, sia mentre suono, sia mentre ascolto, mi accorgo dei diversi punti di risonanza.
I suoni gravi convibrano nelle parti centrali e basse del corpo (addome, gambe, piedi), quelli più acuti li sentiamo nel torace, collo, testa. Anche noi siamo uno strumento musicale, decisamente il più bello e il più completo. Anche noi non possiamo sfuggire alle leggi di risonanza.
Inoltre nell’arpa non c’è mediazione tra dito e corda. Il dito trasmette alla corda l’intenzione e lo stato d’animo di chi suona. Le dita stringono e lasciano andare le corde in un gioco di tensione/rilassamento da cui scaturiscono i suoni.
Suonare è lasciare andare. Se dita, mani, braccia, spalle, schiena, sono tesi, il suono che si produce è teso, aspro. Come arpa terapista devo costantemente essere attenta a me stessa: come e con quanta profondità entro nelle corde? Come attacco il suono? Sono connessa con il mio corpo? Come posso rilassarmi per migliorare il mio suono?
E, nel momento in cui il suono esce dalle dita, dove e come si propaga? Sono in ascolto?
In arpa terapia è quasi più importante lo spazio e il tempo fra un suono e l’altro.
La fisica acustica diventa vita, relazione, compartecipazione, dialogo. Il dito che pizzica la corda fa sì che l’arpa diventi e sia lo specchio della mia anima. Non ci sono intermediari. Come sto? Che emozione voglio trasmettere?
Quando si pensa alla terapia, si immagina di solito un recuperare uno stato di salute che ci permette di condurre (nuovamente) una vita attiva, dinamica.
La terapia con l’arpa è innanzitutto un’occasione per ritrovare sé stessi. Curare con i suoni significa permettere alla persona di fare esperienza di tranquillità, serenità, pace, amore, speranza.
Gli effetti benefici non riguardano solo la sfera emotivo-esistenziale, ma anche – e di pari passo, direi – quella più strettamente fisiologica. Numerosi studi riportano infatti miglioramenti sia immediati, sia protratti nel tempo, come un maggiore rilassamento, miglioramento del sonno, diminuzione del dolore e dell’ansia, stabilizzazione dei parametri vitali e dell’umore. Ma non è tutto. A seconda dell’ambito di applicazione dell’arpa terapia, sono stati riscontrati effetti positivi specifici.
Ed arriviamo all’ultima domanda che mi sono posta all’inizio dell’articolo, quali sono gli ambiti di intervento dell’arpa terapia?
L’elenco è lungo perché man mano che questa disciplina si diffonde, si sperimenta in svariati contesti educativi, terapeutici e sociali ottenendo sempre ottimi risultati, oggi supportati anche da ricerche scientifiche. La rivista americana Harp Therapy Journal creata nel 1996 da Sara Williams raccoglie ogni anno studi, esperienze, ricerche all’avanguardia nell’ambito dell’arpa terapia.
Sicuramente un ambito molto importante è quello ospedaliero, a più livelli. L’arpa terapia fa bene al malato, ai famigliari e anche allo staff medico e sanitario.
L’arpa terapia trova applicazione in patologia neonatale, in pediatria, in cardiologia, in oncologia, in geriatria e nei reparti di lungo degenza.
La dolcezza del suo suono e il modo particolare in cui si propaga nello spazio, fanno dell’arpa uno strumento particolarmente adatto a
–creare un ambiente rilassante per pazienti, famiglie, visitatori e personale,
-permettere ai pazienti ospedalieri e alle famiglie di concentrarsi su qualcosa di bello per distrarli dal dolore e donare loro speranza,
-vibrare e penetrare nei tessuti e nelle cellule del corpo,
-fornire una stimolazione sensoriale positiva,
-fornire cure palliative per i pazienti ospedalieri e per quelli in fase di transizione,
-migliorare gli effetti fisiologici, come tensione muscolare rilassata, maggiore ossigenazione, battito cardiaco più lento, abbassamento della pressione sanguigna.
L’arpa terapia può essere utilizzata in ambito educativo con bambini anche molto piccoli che frequentano l’asilo nido e la scuola dell’infanzia. Ascoltare con le mani o con i piedini le vibrazioni dell’arpa che si trasmettono alla cassa armonica è un’esperienza molto coinvolgente per i piccoli, è un modo per guidarli ad un ascolto profondo di sé, a percepire il proprio corpo, a familiarizzare con il suono e la musica. Chi è agitato si calma, chi è timido lentamente si avvicina e si lascia coinvolgere, chi proprio non riesce a star fermo, catturato dal suono, comincia ad avvertire le “formichine” o il solletico sotto le dita, si incuriosisce, si ferma, comincia ad ascoltare. E poi la magia della vibrazione delle corde, l’arte di pizzicarle per produrre suono, mette in atto la coordinazione occhio-mano, raffina la percezione fino alla punta delle dita, crea circuiti neuronali nuovi e prepara in modo naturale ad un uso sempre più preciso delle mani e delle dita che diventeranno prensione, manipolazione, scrittura.
Un altro importante ambito di intervento riguarda la disabilità. Almeno per due motivi, entrambi di natura fisico-acustica. Il primo è la risonanza, cioè il modo in cui le vibrazioni sonore si trasmettono al nostro corpo e lo fanno convibrare. In musicoterapia umanistica si parla di risonanza corporea. Il bambino seduto o sdraiato sul pianoforte è immerso nei suoni che la musicoterapeuta improvvisa calibrando ritmi, melodie e armonie in base alla situazione relazionale che si genera. Sono suoni che cullano, accarezzano, massaggiano, fanno sentire al bambino il proprio corpo e gli danno la percezione fisica ed emotiva di essere accolto, ascoltato, valorizzato per ciò che è, prima ancora che per quello che fa.
La trasmissione del suono dell’arpa è diversa da quella percepibile attraverso il coperchio del pianoforte a coda. Non si sta sopra il generatore del suono (lo strumento musicale), ma a fianco. Le onde sonore dell’arpa si propagano in tutto lo spazio circostante ed avvolgono, per risonanza, la persona. L’arpa poi si può abbracciare, se ne può sentire la vibrazione con le mani, i piedi, la testa, la pancia la schiena. La sensazione è quella di un massaggio sonoro che scioglie le tensioni, che libera, rilassa e rigenera. Immaginiamo allora come possano essere coinvolti in questo ascolto bambini con sordità, tetraparesi spastica, prematurità, autismo, difficoltà di attenzione, sindromi genetiche, ritardi psicomotori, ma anche del linguaggio, perché il suono entra nel profondo e favorisce il desiderio di aprirsi e comunicare.
Il secondo elemento è il timbro del suono unico dell’arpa (Fig. 2). Nei miei trent’anni di esperienza nell’ambito della musicoterapia ho sperimentato più volte la potenza del suono dell’arpa per superare le memorie del dolore. Ho lavorato con bambini down e cardiopatici che hanno subito importanti interventi chirurgici. Ebbene il suono dell’arpa, per lo più sconosciuto ai bambini o sicuramente meno noto di quello del pianoforte, ha favorito la rottura dello schema musica = dolore, innescato dalla scorpacciata di musica classica in filo diffusione subita durata il ricovero in terapia intensiva. Il timbro dell’arpa favorisce immagini emotive nuove (un bimbo cieco mi disse “la doccetta!” ascoltando in braccio a me il suono dolce delle melodie che improvvisavo per lui), stuzzica la curiosità generando un profondo rilassamento. E’ difficile resistere e persistere nelle proprie chiusure. Ricordo in pediatria un bimbo sfiancato dalla tosse persistente che durava da giorni. Avvicinatami con la mia arpa a lui, corse in braccio alla mamma e l’abbracciò forte. Smise di tossire e quasi si addormentò, con la mamma incredula e felice per quel momento di pace che nessuna medicina purtroppo aveva potuto darle.
Fig. 2: Particolarità dello strumento
Altri ambiti di intervento dell’arpa terapia sono le carceri, dove è possibile attivare progetti per la riabilitazione dei detenuti sia attraverso l’ascolto della musica d’arpa, sia attraverso l’insegnamento dello strumento stesso.
Anche sugli anziani la musica d’arpa ha un effetto notevole, sia in sessioni individuali che come terapia di gruppo.
Per questo l’arpa terapia si sta diffondendo anche in Italia nelle residenze sanitarie assistenziali (Rsa). Non mi soffermo ora su questo tema perché merita una trattazione a parte. Vorrei solo avviarmi alla fine di questa carrellata citando l’ambito del fine vita e delle cure palliative, contesto in cui l’arpa terapia sta prendendo piede anche in Italia accompagnando con delicatezza e dolcezza tante persone a concludere il loro cammino terreno nel migliore dei modi.
Infine non posso non fare cenno del vasto ambito dello stress, dell’ansia, delle nevrosi in cui l’arpa terapia è un ottimo strumento per ritrovare serenità e lasciar andare le tensioni. Si lega a questo il contesto dello yoga e della meditazione, ambiti in cui la musica e il raccoglimento, l’autoascolto, la riflessione, si fondono in un tutt’uno rigenerante che porta a un nuovo equilibrio interiore.
Anche la preghiera, la contemplazione, sono arricchite dal suono dell’arpa, perché la musica che si diffonde nella chiesa calma anche gli animi più inquieti, dona pace, sollievo, serenità e apre le porte all’Infinito.
Concludendo, l’arpa terapia pur essendo una disciplina antica, si sta diffondendo solo da pochi decenni come trattamento complementare (non sostitutivo) alla medicina ufficiale. I suoi benefici effetti, oggi studiati e “misurati” in ricerche scientifiche, ne attestano la validità ed efficacia.
Molti sono gli ambiti in cui viene utilizzata e sicuramente molti altri sono ancora da esplorare.
Saper suonare l’arpa non basta per fare terapia. E’ la base di partenza, una buona partenza. Poi è necessaria una formazione seria e mirata, perché, come dicevo all’inizio, una cosa è suonare, un’altra è saper creare una “culla del suono” capace di accogliere la persona e di contribuire al suo processo di guarigione.