Federazione Italiana Musicoterapeuti https://musicoterapia.it Fri, 14 Mar 2025 17:12:43 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=4.9.26 Conversazioni – Musica e Terapia https://musicoterapia.it/conversazioni-musica-e-terapia/ Tue, 11 Mar 2025 12:01:35 +0000 https://musicoterapia.it/?p=2835 Read More

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Venerdì 7 marzo Giulia Cremaschi Trovesi è intervenuta nella prima edizione della rassegna “Conversazioni”, organizzata dalla Biblioteca musicale de Sabata – Ceccato nella suggestiva cornice di Palazzo Polli Stoppani a Bergamo Alta.

Il suo contributo, dal titolo “Musica e terapia”, comincia, come sempre, spiazzando e incuriosendo i partecipanti: il primo oggetto misterioso è la poderosa conchiglia che Giulia ha suonato verso le corde dell’ottimo Steinway & sons il quale ha ricambiato offrendo una nitida risonanza con grande varietà di armonici. 

Conquistata in fretta l’attenzione degli uditori, Giulia ha affrontato l’argomento in questione, la Musicoterapia, partendo da alcuni milioni di anni fa e mostrando le impronte di passi visibili sui reperti, testimonianza di quanto l’ordine ritmico sia appartenente all’Uomo sin dalle sue origini. Dopo la proiezione di altre immagini che hanno consolidato la ricerca dell’ordine ritmico nella storia da parte dell’uomo, si è arrivati al momento imprescindibile della sperimentazione: i giochi con le mani e con la voce, riferiti rispettivamente alla durata e all’altezza del suono, hanno coinvolto pian piano i partecipanti che hanno così potuto ricalcare con il proprio corpo le nozioni prima ascoltate con le parole. E’ sempre interessante ed affascinante vedere un contesto di persone alle quali viene chiesto di creare un movimento, un suono o di intonare una scala musicale: l’uditorio era composto da persone non giovani, certamente curiose ed interessate ma che presumibilmente si sarebbero aspettate di ascoltare passivamente un oratore. Nel momento nel quale viene loro chiesto di partecipare attivamente è visibile che, rotto l’involucro di timidezza e di sorpresa, si scopra la bellezza del gioco, nel quale il nostro lato bambino può finalmente aver di nuovo una voce. 

Dividendo i presenti in due cori, Giulia ha poi diretto i gruppi con le mani, creando polifonia: questa magia, data spesso per scontata, è alla base della musica che conosciamo da alcuni secoli ma quando la si sperimenta porta sempre allo stupore. La diversità di due note che, proprio a ragione della propria diversità, creano un’armonia, emoziona chi ha la fortuna di coglierlo. I feedback e gli sguardi dei presenti hanno provato che i contenuti dell’incontro li hanno raggiunti e arricchiti.

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Niccolò Zampiron racconta la sua esperienza in musicoterapia https://musicoterapia.it/niccolo-zampiron-racconta-la-sua-esperienza-in-musicoterapia/ Thu, 06 Mar 2025 17:25:24 +0000 https://musicoterapia.it/?p=2833 Read More

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La mia esperienza alla Scuola di Musicoterapia Umanistica è cominciata il 30 aprile 2020, quando partecipai a un webinar dove Mauro Scardovelli intervistava Giulia Cremaschi Trovesi.

Nel parlare della musica ponevano il suono al cuore della relazione fra le persone. Questa prospettiva mi incuriosì tanto che ho deciso di approfondire perché il suono avesse questo ruolo fondamentale nella vita di tutti. Per farlo decisi di frequentare la Scuola di Musicoterapia Umanistica organizzata dalla A.P.M.M..

Da quel momento iniziai un viaggio meraviglioso che mi ha portato a scoprire la magia celata dentro alla musica, nella sua natura fisica e nella sua bellezza, che era qualcosa che avevo sempre vissuto ma che non riuscivo a cogliere del tutto. Gli studi fatti in Conservatorio mi avevano preparato per l’atto performativo ma non per quello relazionale e pedagogico. Dunque, mi mancava quello che ho trovato finalmente negli insegnamenti di Giulia: il suono è relazione perché coinvolge i corpi attraverso la risonanza e questo genera una comunicazione reciproca fra le persone, uno scambio di emozioni e significati profondo, intenso, diretto che ci aiuta, ci fa stare bene. 

Lo sguardo di questa musicoterapia è umanistico proprio perché osserva la persona e la accoglie così com’è, da valore alle sue capacità e la porta con fiducia a uno scambio creativo di suoni, perché si è mossi dalla consapevolezza che la musica è dentro di noi e attorno a noi e va scoperta.

In questa visione c’è un messaggio pedagogico che ascolta e valorizza la persona. Infatti, sentirsi ascoltati porta ad ascoltarsi, a diventare più presenti e a sentirsi più forti nell’affrontare le difficoltà. In tal modo si possono apportare miglioramenti sorprendenti nella qualità della vita. 

Nel mio lavoro di insegnante nella scuola secondaria di primo grado mi trovo di fronte a diverse fragilità, ma ho notato che far fare ai ragazzi esperienza diretta di suoni belli li porta a scoprire il piacere di suonare, di ascoltare e di condividere la musica insieme agli altri. 

Esperienze meravigliose sono state, ad esempio, quelle negli incontri di musicoterapia con un ragazzo autistico di undici anni che nel corso di un anno solare è passato dal voltarmi le spalle a suonare insieme a me al pianoforte il tema delle dodici variazioni di Mozart sulla canzone “Ah, vous dirait-je maman”, ma lo sono state anche le esperienze vissute nelle classi, dove i ragazzi scoprono che perfino con oggetti comuni si possono creare atmosfere sonore suggestive che invitano ad ascoltarsi e aiutano a sentirsi un gruppo.

In conclusione, i quattro anni alla Scuola di Musicoterapia Umanistica mi hanno offerto momenti di scoperta continua che mi hanno reso più consapevole di quanto la musica sia parte della vita di tutti e del suo potere comunicativo. Oggi le esperienze concrete del mio lavoro mi offrono scenari nei quali posso osservare come la musica diventi un elemento di unione, di bellezza e di gioia.

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“Suonare – osservando, osservare – suonando” Masterclass al Conservatorio “Santa Cecilia” Roma https://musicoterapia.it/suonare-osservando-osservare-suonando-masterclass-al-conservatorio-santa-cecilia-roma/ Sat, 01 Mar 2025 09:56:03 +0000 https://musicoterapia.it/?p=2827 Read More

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Dal 2 al 4 novembre 2023 al Conservatorio Santa Cecilia di Roma Angela Cremaschi ed Elisa Pezzi hanno tenuto una Masterclass dal titolo: “Suonare-osservando, osservare-suonando”. Angela ed Elisa hanno incontrato un gruppo di pianisti, affrontato il tema dell’improvvisazione musicale in musicoterapia umanistica e ora ci raccontano la loro esperienza.

“Abbiamo iniziato la masterclass ponendo dei quesiti: che cos’è il suono? Da cosa è formato il suono? Si scrive il suono? Come si scrive?

Molti studenti hanno collegato la musica al benessere fisico, emozionale restando su un livello più astratto di conoscenze del suono. 

Noi abbiamo fatto un passo indietro e abbiamo cercato di capire che cosa sia fisicamente il suono: vibrazione che scaturisce dal movimento di un corpo elastico. Inoltre abbiamo proposto di sperimentare che cosa il suono provoca ai corpi che attraversa durante la sua trasmissione.

Il suono provoca una vibrazione che ci coinvolge interamente; lo percepiamo attraverso il nostro corpo che è esso stesso in grado di produrre suoni attraverso la voce e il movimento. Le parole sono suoni. 

Il suono nasce quindi dal movimento e provoca un ulteriore movimento. 

Il benessere o malessere che ne può scaturire è una conseguenza della sua natura intrinseca. 

Dal suono si arriva alla musica, alla sua scrittura, identificando due dei suoi parametri fondamentali: altezza e durata. 

L’uomo vive la durata del suono e la esprime con il movimento nello spazio, l’altezza nasce dal movimento delle colonne d’aria dentro il corpo. 

Abbiamo improvvisato rispecchiando attraverso la musica un gesto e un modo di camminare di ogni persona presente. Il pianista leggeva il movimento rispecchiandolo attraverso l’intensità del suono, il tempo e il ritmo. Le scelte melodiche e armoniche del pianista scaturivano dalla lettura delle caratteristiche singolari di ogni persona.

Nel pomeriggio del secondo giorno sono venuti a trovarci prima Alice e poi Francesco, con cui abbiamo fatto due incontri di musicoterapia umanistica. 

Alice, ragazza di 18 anni con tetraparesi, sopra la cassa armonica del pianoforte è riuscita a rilassarsi e a compiere dei movimenti, a lasciar vibrare il suo corpo visibilmente contenta e gioiosa. 

Francesco, bambino di 8 anni, senza una diagnosi precisa, con ritardo generalizzato, ha compiuto per la prima volta dei movimenti con la lingua, legati ad alcune consonanti. 

Abbiamo coinvolto gli studenti distribuendo strumenti ritmici con cui abbiamo suonato insieme.

Dopo l’esperienza diretta abbiamo commentato con gli studenti quello che avevano visto, cosa avevano notato. La maggior parte di loro ha notato quanto fosse potente a livello comunicativo quel tipo di improvvisazione al pianoforte. Da lì abbiamo lavorato sperimentando sull’importanza dell’improvvisazione musicale e notando come un’efficace improvvisazione sia in grado di potenziare il livello di attenzione dell’altro e di come l’azione del corpo della persona diventi più centrata ed armonica. 

Ringraziamo il Conservatorio Santa Cecilia di Roma e la prof.ssa Isa D’Alessandro per aver creduto in questo progetto e averlo proposto.”

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SCUOLA DI MUSICOTERAPIA: SERENA PERINI RACCONTA https://musicoterapia.it/scuola-di-musicoterapia-serena-perini-racconta/ Wed, 30 Aug 2023 08:56:19 +0000 https://musicoterapia.it/?p=2491 Read More

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Ripensando ai miei quattro anni di formazione presso l’APMM (Associazione
Pedagogia Musicale e Musicoterapia “G. Cremaschi Trovesi”) e chiedendomi
come trasformare in un testo scritto le sensazioni, emozioni ed esperienze
vissute durante questo periodo la parola che compare spesso è “Curiosità”.
La Curiosità è ciò che mi ha condotto prima ad interrogarmi sulla parola
musicoterapia e a chiedermi: di cosa si tratta esattamente? E’ un termine che ha
origini molto antiche e che ancora oggi è presente nella nostra società; che cosa
si nasconde dietro a questa parola “musico-terapia”?
La Curiosità poi mi ha condotto ad iscrivermi durante i miei anni di studio di
flauto in Conservatorio a due bellissimi stage di jazz, prima a Fabriano e poi a
Labro. Qua ho incontrato una contrabbassista, poi diventata cara amica.
A distanza di anni dai seminari jazz, scopro che questa amica si è trasferita poco
lontano da dove abito e così – sempre la Curiosità – mi porta a contattarla e a
chiederle se vogliamo vederci per bere qualcosa insieme. Ed è in questa
occasione che sento parlare per la prima volta di Giulia Cremaschi Trovesi e del
suo approccio umanistico alla musicoterapia.
Incuriosita, il giorno successivo cerco informazioni su internet e scopro che
dopo qualche mese sarebbe iniziato il primo corso di musicoterapia. In questi
anni ho spesso ringraziato l’amica contrabbassista per avermene parlato perché
frequentare questo corso è stata per me un’esperienza estremamente
arricchente ed entusiasmante.
Già laureata in storia e filosofia, ho avuto modo per la prima volta di assistere a
una pedagogia di tipo maieutico-socratico ed incentrata sul learning by doing.
Ho sperimentato poi un livello di attenzione mai avuto durante tutto il mio
percorso di formazione. Ciò che mi ha stupito fin dall’inizio è stata la profondità
con la quale le tematiche del corso sono state affrontate. Entusiasmanti sono
state le lezioni riguardanti i campi del linguaggio, della matematica e della
musica.

Mai avrei pensato che dietro alla parola musicoterapia potesse nascondersi tutto
ciò: l’improvvisazione musicale calibrata sulla partitura vivente, la nascita della
parola, il numero in relazione allo spazio, l’apprendimento della lettura e
scrittura musicale. Mi ha incuriosito molto anche la modalità di insegnamento
dell’improvvisazione al pianoforte: da un suono sulla tastiera nelle diverse
ottave all’utilizzo creativo della cadenza italiana.
Il corso di musicoterapia e pedagogia musicale ha sicuramente arricchito la mia
professione di insegnante di musica e di sostegno presso la scuola Secondaria di
primo grado: mi ha insegnato a non dare nulla per scontato, ad intuire i bisogni
degli alunni e a valorizzare i piccoli passi.
Fondamentale e in continuo work in progress è inoltre il lavoro di formazione
personale: un lavoro iniziato con il gruppo e che poi ho deciso di proseguire
individualmente. Sicuramente il corso frequentato è impegnativo per ciò che
riguarda “il dopo”, cioè la formazione permanente sia personale che
professionale ma – nello stesso tempo – è estremamente gratificante.
Sono grata per aver avuto l’opportunità di far parte di un bellissimo gruppo – sia
di compagni di corso sia di docenti – che ha allargato i miei orizzonti,
modificando con gentilezza il mio modo di comunicare, ascoltare e fare musica.
Vorrei concludere questo breve testo augurandomi di riuscire a trasmettere nel
mio lavoro di insegnante e nelle attività di musicoterapia che conduco la
profondità, ricchezza e gioiosità dei principi della musicoterapia umanistica.

Serena Perini

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DUE CHIACCHIERE CON SIMONA GHEZZI https://musicoterapia.it/due-chiacchiere-con-simona-ghezzi/ Wed, 30 Aug 2023 08:52:45 +0000 https://musicoterapia.it/?p=2478 Read More

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Grazie per questa opportunità.

Scrivere.

Guardarmi indietro e vedere le orme dei passi che hanno lasciato i segni
sulla sabbia.

Sono i segni di un’esperienza che si chiarisce nel tempo.

Sono Simona Ghezzi, musicista musicoterapeuta, innamorata della filosofia.

La filosofia, insieme alla musica, sono state e sono tuttora il percorso di
studi, lavoro e ricerca che ho scelto. La filosofia mi ha permesso di
comprendere più da vicino il “fare musica”, la musica e la musicoterapia
mi hanno permesso invece di mettere radici al pensiero, far si che non voli
troppo in alto: questo è il rischio per chi studia filosofia, girare su se stessi.

Questa congiunzione ha avuto inizio dall’incontro con Giulia, un incontro
magico. Il peso delle parole a partire dai suoni, il peso del dito che
affonda nel tasto del pianoforte, il valore del silenzio, un “fare” mai
disgiunto da un “pensare” e un “pensare” mai disgiunto dal “fare”: questo
è ciò che ho avvertito dai primi istanti, nei primi incontri, ed è ciò che
mi ha appassionato giorno dopo giorno.

Questa passione in questi anni mi ha messo anche tanto in crisi, crisi di
fronte al dubbio, all’incertezza di un sapere presuntuoso, certo della sua
incrollabile verità.

Lavoro da circa venticinque anni nel mio studio, incontrando bambini ragazzi
e famiglie, e nella scuola, dentro le classi liceali, a stretto contatto con
gli adolescenti attraverso lo studio e la pratica della filosofia.
Per un Etica delle passioni: ricordo questo lavoro molto intenso e
interessante dedicato a Spinoza, realizzato con i  ragazzi delle classi
di quarta liceo insieme al gruppo ragazzi adulti dell’ANFASS di Crema,
nell’ambito di una rassegna culturale, dedicata alla monografia di personaggi
leggendari.

Un’esperienza entusiasmante:  musica disabilità e filosofia a stretto
contatto. La grande opera di Spinoza  prende vita, la visione razionalista
dell’autore apre scenari che superano uno stato ordinario di coscienza nel
quale emergono i temi del “non giudizio”,  della “beatitudine”,
dell’ “amicizia”.

Il mio lavoro dentro alla musica è iniziato proprio nelle classi delle
scuole, dapprima scuole primarie , luogo prezioso per fare esperienza e
mettere in campo creatività, energia e un ascolto paziente.

Amo tanto lavorare con l’infanzia. Giocando e suonando con i bambini, si
sprigiona in me la gioia infantile, il divertimento e lo stupore. Mi piace
giocare davvero, e non far finta di…

Nelle situazioni più difficili, con bambini in difficoltà nelle relazioni,
negli apprendimenti, è così importante questo “non far finta di…”, perché
almeno una volta nella vita, tutti quanti noi siamo stati giudicati incapaci
e inadeguati. Tutti noi viviamo di quelle passioni che animano le persone
che incontro, l’amore, l’odio, la tristezza, la rabbia, la paura, la
disperazione e la speranza… Sono le passioni che ci mettono in contatto
con noi stessi, con gli altri, anche con i professionisti con i quali mi
confronto, quelli che lavorano lasciando che il pensiero sia libero e
autonomo, e coloro che, costretti nelle maglie delle istituzioni, incastrano
ogni slancio, ogni speranza. E’ una realtà con la quale ho dovuto fare i conti.

In questi anni ho imparato anche la pazienza e la lentezza che agli inizi del
mio lavoro non praticavo facilmente.

Questo lavoro lo vivo ogni giorno, e credo sia uno degli ingredienti
irrinunciabili della mia felicità.

Simona Ghezzi

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LA RISONANZA, TRA FISICA E MUSICA https://musicoterapia.it/la-risonanza-tra-fisica-e-musica/ Tue, 29 Aug 2023 09:33:48 +0000 https://musicoterapia.it/?p=2461 Read More

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Dall’intervento del prof. Saul Casalone a “Musica al di là di ogni Barriera”

Teatro Dal Verme 5 maggio 2023

 

 

 

 

 

 

 

Nel modello di Musicoterapia Umanistica la risonanza è un tema centrale. Si tratta di un
termine che rimanda in modo chiaro a fenomeni squisitamente acustici: risuonare è anzitutto
un suonare di nuovo, in risposta ad un altro suono. La parola risonanza evoca dunque quella
relazione su cui si fonda la professione del musicoterapeuta. Tuttavia, entrare nel merito di
una descrizione puntuale del fenomeno fisico della risonanza è impresa ardua per un
musicista, il cui percorso di studi solitamente trascura, purtroppo, temi fondamentali di fisica
acustica. Durante il corso quadriennale di Musicoterapia Umanistica, gli studenti hanno
l’opportunità di toccare tali temi grazie alla presenza di un docente di fisica. Si tratta di un
incontro felice, quello tra fisica e musica, che porta ad indagare con meraviglia il suono: un
semplice esperimento, come la risonanza tra due metronomi, può suscitare grande stupore.

Come si può descrivere fisicamente il fenomeno della risonanza? Per quale motivo ci meraviglia tanto?

La risonanza è un fenomeno, ai nostri occhi, decisamente sorprendente, forse perché
testimonia un’interazione, un qualche tipo di comunicazione, tra due corpi distanti l’uno
dall’altro. A ben vedere, in natura i fenomeni di risonanza sono tutt’altro che insoliti, e non
sono strettamente limitati all’acustica. Il termine risonanza è usato in fisica per indicare
fenomeni differenti, dal mondo microscopico sino alla scala astronomica, i quali mostrano
significative analogie con la risonanza acustica. I fenomeni di risonanza sono tanto diffusi,
perché in natura tutto, in prima approssimazione, può essere considerato un oscillatore
armonico.

Come possiamo comprendere il concetto di oscillatore e il suo legame con la
risonanza?
L’esempio più semplice di oscillatore è quello di un pendolo. Scostandolo dalla sua
posizione di equilibrio, cediamo energia al pendolo, e questo si mette in oscillazione con una
frequenza che dipende dalla sua lunghezza. In generale, grandi oscillatori hanno bassa
frequenza, piccoli oscillatori hanno alta frequenza: si pensi ad esempio alla differenza tra le
dimensioni di un contrabbasso che emette suoni gravi (ovvero a bassa frequenza) e un
violino che emette suoni più acuti (ovvero ad alta frequenza).
A causa degli attriti, l’ampiezza delle oscillazioni di un pendolo si riduce progressivamente
sino a fermarsi. Per compensare questa dissipazione di energia, è necessaria una forzante
periodica che abbia una frequenza prossima alla frequenza caratteristica dell’oscillatore. In
queste condizioni si dice che la forzante è “in risonanza” con l’oscillatore. Due oscillatori
possono svolgere il ruolo di forzante l’uno per l’altro. Se le loro frequenze caratteristiche
sono simili, essi entrano in risonanza con un continuo trasferimento di energia dall’uno
all’altro.


Come avviene questo trasferimento di energia?
Perché due oscillatori distanti possano entrare in risonanza è necessario che vi sia un
mezzo oscillante che comunichi l’oscillazione dell’uno all’altro oscillatore. Nel caso della
risonanza acustica il mezzo oscillante è l’aria: i rebbi del diapason, oscillando, producono
delle zone di compressione e rarefazione dall’aria che si propagano come un’onda sferica.
Ogni singola molecola d’aria si comporta come un oscillatore, oscillando attorno ad una
posizione di equilibrio. La propagazione dell’onda non comporta quindi un trasporto di
materia, bensì soltanto un trasferimento di energia.

Risonanza, energia, sono termini ricchi di accezioni differenti e utilizzati spesso con poca consapevolezza, eppure si tratta di concetti che descrivono fenomeni che appartengono alla nostra quotidianità, al nostro essere nel mondo.

Qual è l’origine di queste ambiguità?
Il fatto che un fenomeno fisico così pervasivo in natura, quale è la risonanza, possa risultare
ai nostri occhi sorprendente credo sia rivelatore dei condizionamenti culturali che
caratterizzano il nostro modo di interpretare la realtà che ci circonda. A livello di cultura
diffusa permangono concezioni meccanicistiche obsolete, poco propense a riconoscere la
possibilità di interazioni a distanza tra parti distinte di uno stesso sistema fisico. Al contrario,
il fenomeno della risonanza offre un modello concettuale potente attraverso cui pensare le
pratiche di cura, anche in senso meramente analogico, per riferirsi a dinamiche di natura
emotiva, affettiva, relazionale. Questo, nella consapevolezza che ogni analogia individua
delle somiglianze tra fenomeni diversi e quindi non può essere prolungata sino a obliterare
tale differenza.
Mentre ascolto l’esecuzione di un brano musicale, tutta la mia struttura fisica è impegnata in
moltitudine sconfinata di risonanze, che agiscono ad ogni livello fisico e a diverse scale di
grandezza. Entro questa complessità irriducibile, la risonanza emotiva si manifesta come
proprietà emergente, di cui non è possibile individuare una causa fisica univoca.
Forse può suonare strano se detto da un fisico, ma è doveroso riconoscere che la
complessità dei fenomeni che afferiscono alla sfera dell’umano, degli affetti, delle emozioni,
chiede talvolta di fare a meno delle spiegazioni fisiche.

Carol Bergamini
Saul Casalone

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INSIEME A FRANCESCO. Uno sguardo sulla giornata “Musica al di là di ogni barriera” https://musicoterapia.it/insieme-a-francesco-uno-sguardo-della-giornata-musica-al-di-la-di-ogni-barriera/ Thu, 08 Jun 2023 09:19:16 +0000 https://musicoterapia.it/?p=2451 Read More

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Mentre ringraziamo il pubblico che applaude la nostra esibizione, Francesco sorride e mi tiene forte il braccio senza più lasciarmelo andare. Sono lievemente in imbarazzo perché io stessa vorrei mettermi dalla parte di chi lo applaude, invece Francesco non molla: prendiamo insieme questi applausi e mi accorgo che questo è un primo, inequivocabile segnale del fatto che in una manciata di minuti abbiamo, insieme, costruito qualcosa, dando vita ad un movimento adagio di un trio di Haydn e ad un arrangiamento di Vocalise di Rachmaninoff per violino, violoncello e pianoforte. Nel momento in cui iniziamo a suonare, chi sono? Una violinista, una novizia musicoterapeuta o l’insegnante di sostegno uscita da scuola poche ore prima? L’attacco del suono frantuma questi confini interiori: sono una persona in ascolto, con il proprio bagaglio di esperienze umane e professionali.

Dopo aver scelto la professione di insegnante, che concilia studio, dedizione, cura e relazione, ho spesso dovuto fare i conti con un senso di nostalgia per la musica, che non avrei più avuto frequentemente sotto le dita, specialmente quella da camera. Questo è il ritornello che molte volte racconto, interrogandomi su quale sia il mio orizzonte di realizzazione professionale e giustificando a me stessa, fra mille dubbi, il diritto di stare su un palcoscenico. Vi è però un’altra storia, quella che mi ha raccontato chi, quello stesso pomeriggio, ha avuto modo di ascoltarmi prima e descrivermi poi come una violinista perfettamente adatta a ricoprire quel ruolo, lusingando il tocco e il livello di ascolto che avevo dimostrato.

Credo che entrambe le storie meritino ascolto e per questo il titolo della giornata di formazione, Musica al di là di ogni barriera, si tinge di un significato meno evidente di quello che certamente sottolinea la necessità e lo sforzo di andare oltre le differenze a volte nitide fra chi ha una disabilità e chi no: barriere sono anzitutto i pregiudizi verso noi stessi, sono le voci con cui quotidianamente facciamo i conti e che, rimanendo su un piano interiore piuttosto che emergere su quello sociale e condiviso, facciamo più fatica ad identificare. La prima barriera che il concerto con Francesco ha abbattuto è stata proprio quella che mi ha precluso in questi anni di considerarmi al contempo una professionista della musica e della scuola, ritrovando un’unità di senso al percorso di studi che ho fatto, percorso in cui prorompe anche quella “musicoterapia” che è semplicemente atto di cura. Quella che ho di fronte ai ragazzi di scuola, agli studenti di violino, a Francesco e a tutti i provvisori compagni di un qualsiasi concerto.

Non nascondo di aver avuto un poco di preoccupazione la sera in cui ho accettato la proposta di suonare al Teatro Dal Verme a fianco di un pianista con autismo. Anche durante le minime prove che abbiamo fatto, un’ora prima del concerto, ho mascherato mille dubbi: “Come facciamo a partire insieme?” “Riusciremo?” “Devo chiedere chi dà l’attacco o parto io?” “Posso chiedere di riprovare un punto o mando in confusione?”. Come se queste fossero preoccupazioni speciali. La verità è che mi sono comportata come avrei fatto con chiunque altro e, al di là di questo, mi sono trovata a suonare con un ragazzo estremamente vitale e unico come ciascuno di noi può essere. Ho riflettuto a lungo sul percorso di studi che Francesco Salinari immagino abbia fatto, sulle difficoltà, le opposizioni e i pregiudizi che possa aver incontrato. Da insegnante, occorre tenerlo presente ogni qualvolta si verifica un inciampo a cui consegue la netta sensazione di aver fallito, per sé o per i propri studenti. Al termine del concerto ho provato un grande senso di gratitudine per Francesco e ci siamo lasciati con un arrivederci, mentre il mio volto era chiaramente commosso per quel piccolo gesto di umanità, suonare, che abbiamo compiuto insieme.

Carol Bergamini

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STEFANIA BATTARINO E LA MUSICOTERAPIA UMANISTICA IN SARDEGNA https://musicoterapia.it/stefania-battarino-e-la-musicoterapia-umanistica-in-sardegna/ Thu, 08 Jun 2023 09:14:54 +0000 https://musicoterapia.it/?p=2448 Read More

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Incontriamo Stefania Battarino, Musicoterapeuta Certificata che ci racconta la sua storia.

Dove svolgi la tua attività di musicoterapia? Da quanto tempo?

Vivo e lavoro a Cagliari dove si trova anche il mio studio di musicoterapia che è nato nel luglio del 2001 ma ho iniziato a fare musicoterapia nel 1997 in un centro diurno per persone adulte con disabilità.
A Cagliari ancora non si parlava di musicoterapia ed è stato per me un lungo e appassionante periodo di incontri nelle scuole, nei centri di riabilitazione, nelle associazioni e in tutti gli enti che si occupavano di disabilità e di benessere della persona. Viaggiavo per la Sardegna in lungo e in largo per parlare con le persone e far loro conoscere la musicoterapia umanistica. In quegli anni prendevo tanti aerei per proseguire con la formazione e per incontrare le persone a cui volevo e voglio tuttora bene.

A che persone ti rivolgi principalmente?

Ho sempre lavorato con persone di diverse età ma ho una maggiore esperienza con giovani e adulti con disturbi psichiatrici e varie disabilità; recentemente ho iniziato a lavorare anche con gli anziani. Mi piace inoltre condurre seminari di crescita personale con chi desidera fare un lavoro su di sé; questi sono incontri preziosi per me perché posso sperimentare e tornare alla musica in modo diverso, forse più libero e creativo e con minori tensioni.

Collabori con professionisti di altri settori?

Si e con molto piacere, lavoro in coppia con Francesca Lilliu con cui collaboro da quasi 10 anni. Francesca è una danzamovimentoterapeuta con la quale abbiamo dato vita al progetto che abbiamo chiamato Sinergia perché unisce le nostre competenze.
Con lei ho anche ritrovato l’aspetto più artistico del nostro lavoro, è un piacere suonare e rispecchiare i suoi movimenti, lasciarmi condurre dalla sua energia ed è bello anche cercare nuovi strumenti musicali per sostenere, incoraggiare e rinforzare.

Collaboro inoltre con Alessandra Micheli, una fisioterapista ed operatrice shiatsu; uniamo il trattamento shiatsu con l’armonizzazione del suono strumentale e/o vocale e ultimamente con Patrizia Piras che fa reflessologia plantare e fiori di Bach.
Queste collaborazioni sono preziose per me perché sono occasioni per farci domande a vicenda, per comprendere meglio il nostro lavoro.

Spesso gli obiettivi del nostro procedere sono identiche ma il modo di raggiungerli è diverso, riscopriamo quindi il ruolo del suono, del corpo, della relazione, dello spazio, dell’energia e del tempo, del peso, dello scambio, dello sguardo, del rispetto reciproco.
Sono momenti nei quali la musica e il movimento trovano una nuova vita.

Nell’incontro delle differenze ci sono sempre delle nuove nascite.

Sono convinta che non esista una “verità”, che non ci sia in assoluto un modo giusto o sbagliato di agire. Nell’incontro con gli altri professionisti, anche con musicoterapeuti di diversa formazione, mi sono lasciata sorprendere dalla ricchezza delle differenze, dai diversi punti di vista, da come ognuno di noi guarda, ascolta e si muove nel proprio spazio interno ed esterno.

Vivere su un’isola, da giovane non mi piaceva e scappavo appena potevo, viaggiavo alla ricerca di terra ferma, della stabilità, della certezza.
Volevo ascoltare nuove voci, nuovi suoni, parlavo le lingue straniere e questo mi rendeva libera e mi dava una grande euforia.

Dentro di me albergavano i miei antenati viaggiatori ma io non ne ero consapevole.
Quando tornavo a casa ero confusa.
Nel mio lavoro di musicoterapia, volevo riportare e riproporre le esperienze fatte sulla terra ferma, ma le voci, i suoni, gli sguardi, le reazioni, gli atteggiamenti delle persone della mia terra isola erano diversi e tutto mi sembrava difficile.
Quello che capitava sulla “terra ferma” non capitava nella mia.

Perché eravamo così diversi?
Quello che imparavo a Bergamo, a Bologna ma anche ad Amsterdam o a Londra, non valeva a Cagliari e ancora meno in altre zone della Sardegna.
Chi ero io? Come mi dovevo muovere? Cosa e come suonare? Quale musica?
Perché tutto era così diverso?

Non chieder più Nulla per te qui resta. Non sei della tribù. Hai sbagliato foresta.

(Cabaletta dello stregone benevolo di Giorgio Caproni)

Io sono cresciuta perché ho ascoltato lingue e accenti diversi, cercando di rispettarli.
E solo ascoltando le altre voci, ho potuto ascoltare meglio la mia.
Ora posso dire che è bello vivere su una terra antica e ho scoperto che quel senso di instabilità e di precarietà, albergava soltanto dentro di me e proprio come accade negli incontri di musicoterapia, ho dovuto guardare e trasformare il mio disagio per entrare in risonanza proprio con quella “foresta”.

Si è creata una rete di collaborazioni con altre figure professionali/associazioni del territorio?

In tutti questi anni si è creata una rete che a volte è invisibile perché è fatta di passaparola. In un mondo dove il marketing e i social trionfano, io lascio le energie dedicate alla pubblicità a chi ne ha voglia.
Sono convinta che le persone vengano a fare musicoterapia perché veramente lo desiderano e perché trovano uno spazio di ascolto e accoglienza.

Entrano in uno studio pieno di strumenti musicali, di cesti e di colori, trovano un giardino con gli alberi di arance e credo che sia bello suonare e stare insieme così.
Le persone arrivano perché gli altri ne parlano.
Certamente ho collaborato e collaboro con centri che si occupano di disabilità, quindi arrivano con il loro bus gruppi di adulti disabili, tante famiglie e gruppi di persone che amano la musica, la danza, l’arte e che cercano uno spazio autentico.

Stefania Battarino

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MAI PIU’ DA SOLI – ROMA DICEMBRE 2022 https://musicoterapia.it/mai-piu-da-soli-roma-dicembre-2022/ Mon, 03 Apr 2023 21:05:27 +0000 https://musicoterapia.it/?p=2438 Read More

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Roma, 27 dicembre 2022, ore 15. Siamo sulla porta del Polo Panfilo Castaldi del Municipio XII in attesa dell’arrivo dei bambini e ragazzi iscritti all’evento “Mai più da soli – Roma 2022”.
Di cosa si tratta?
Facciamo un salto indietro nel tempo, torniamo all’estate appena trascorsa. Tra gli ospiti della seconda Settimana Estiva organizzata a Crema presso la Casa del Pellegrino dalla Federazione Italiana Musicoterapeuti (FIM), ci sono Alice e la sua mamma Isa.

Viviamo giorni di attività artistiche, musicali, educative rivolte a famiglie con bambini e ragazzi con disabilità che arrivano da varie regioni d’Italia. La settimana estiva fa parte del più ampio progetto MAI PIU’ DA SOLI della Casa del Pellegrino di Crema: un modo per accogliere e dare dignità alla persona, qualunque siano le sue condizioni e il suo ruolo. Perché i primi ad aver bisogno dell’altro e a cercare di vivere quel MAI PIU’ DA SOLI sono proprio i volontari, 60 attualmente, di cui trenta sono ragazzi tra i 16 e i 25 anni.

L’entusiasmo e la gioia che Isa si porta a casa contagia famigliari, colleghi e amici romani di cui uno con un ruolo politico. Non si arrende all’idea che tutto finisca in pochi giorni. Vuole portare a Roma, nella sua città, tutto il bello e il bene condiviso a Crema. E sa che noi, musicoterapeute FIM, ci siamo, insieme a Simona Colpani, co-fondatrice della Musicoterapia Umanistica della Relazione Circolare secondo il modello di Giulia Cremaschi Trovesi.

Isa D’Alessandro, delegato F.I.E.R Fédération International des Enseignants de Rythmique – dell’Associazione Italiana Jaques Dalcroze (AIJD), si rimbocca le maniche. Si stringe la collaborazione tra AIJD e FIM e si prepara l’evento che si svolgerà dal 27 al 30 dicembre 2022 con lo stesso nome (MAI PIU’ DA SOLI) di quello cremasco, da cui ha preso l’ispirazione e l’avvio. E quando finalmente siamo a Roma non ci sembra vero. Le emozioni sono sempre tante quando ci si appresta a conoscere famiglie e ragazzi nuovi, come per altro è anche per le famiglie e i ragazzi: nuovi terapisti, nuovi incontri che potrebbero significare nuovi giudizi o nuove occasioni.

Uno dopo l’altro arrivano tutti i bambini e ragazzi iscritti.
Isa D’Alessandro dà il via, emozionata e felice, alle quattro giornate che ci aspettano. Presentando i diversi professionisti che collaboreranno per offrire a famiglie e ragazzi un luogo accogliente, valorizzante, familiare e rasserenante: musica d’insieme, musicoterapia secondo il modello della relazione circolare, ritmica Dalcroze, attività montessoriane, danza inclusiva, globalità dei linguaggi di Stefania Guerra Lisi.
Paola Beltrami (referente della settimana estiva di Crema) presenta le colleghe Simona Colpani, Roberta Alberti e Cecilia Zaninelli. C’è attesa e curiosità per la Musicoterapia Umanistica della Relazione Circolare e la Musica d’Insieme perché Roma capitale, nella sua magnificenza, non ha musicoterapeuti FIM.
Prima di entrare nel vivo, Davide Balestracci, presidente della Casa del Pellegrino di Crema (CR), racconta come e dove è nata la settimana estiva e soprattutto il motto MAI PIU’ DA SOLI, che non è parole ma un modo di essere che non riguarda solo chi è accolto, ma anche chi accoglie, perché ognuno di noi ha bisogno di sperimentare la solidarietà e la condivisione, scoprendo che se si cammina insieme si possono raggiugere mete precluse al viaggiatore solitario.
Dopo la visione del video pubblicato da Crema Online (https://www.cremaonline.it/rubriche/29-11- 2022_La+Casa+del+Pellegrino,+un+luogo+di+ritrovo+e+inclusione/ ) iniziano le attività: Ritmica Dalcroze, Musicoterapia e Musica d’insieme, a cui si aggiungeranno Danza Inclusiva e Attività Montessoriane.
C’è musica nell’aria, musica che scioglie i nodi, musica che accarezza le ferite come un balsamo e che riscalda i cuori facendo divertire, cercando il bello anche dove potrebbe sembrare difficile vederlo.

C’è posto per tutti, mamme e papà, fratelli e sorelle.
Cantiamo il nome proprio, e subito i volti arrossiscono, qualche lacrima sgorga incontrollata per l’emozione di sentirsi chiamare per nome con il canto da tutti insieme. E l’emozione è grande anche nei genitori, che giocano, suonano, cantano, lasciando almeno per un attimo da parte le preoccupazioni dell’oggi e del domani, le routine di accudimento.
Ogni giorno proponiamo il laboratorio di musica d’insieme facendo conoscere strumenti diversi: il sassofono, l’arpa, il violoncello.
Bambini irrequieti, distratti, con gli occhi che vagano ovunque riescono a fermarsi, a osservare e soprattutto ascoltare con le mani, con i piedi, lo strumento proposto. Sono attimi di ascolto profondo, di magia, nel senso etimologico del termine, quel “di più” (magis) che finalmente fa illuminare gli sguardi di piccoli e grandi. L’attenzione messa in atto diventa concentrazione, capacità di soffermarsi sul punto focale, di tralasciare il resto. E’ scegliere di esserci e di mettersi in gioco. Suonare e cantare insieme crea unione, comunione, energia donata e catturata da ognuno. I genitori raccontano il piacere dello stare insieme, finalmente senza la paura del giudizio, senza la preoccupazione di sentirsi inadeguati, emozionati per il piacere trovato o ritrovato, piacere che si legge nel viso sempre più disteso. Il suono è relazione, il suono è onda di energia che ti entra dentro e ti “sconquassa”, ti libera dalle difese, ti invita con ostinata dolcezza a lasciarti andare.
Anche durante le sedute di musicoterapia accadono eventi unici.
Bambini e ragazzi, una volta saliti sopra la cassa armonica del pianoforte appositamente rinforzata, si ascoltano, ognuno a modo proprio. Qualcuno riesce a rilasciare le tensioni corporee dovute ad una lesione cerebrale, altri smettono di obbedire e iniziano a giocare e a permettersi di esprimere se stessi, altri ancora si lasciano toccare e interrompono corse che sono fughe. Non sono miracoli come qualche genitore li ha chiamati, bensì uso consapevole del potere insito nel suono, nella musica, nel contatto, nella relazione e nella fiducia. Ovviamente non basta avere uno sguardo fiducioso sull’altro, e non basta saper suonare bene. Eppure questi due elementi sono ingredienti fondamentali. Tutto il sapere tecnico diventa potente ed efficace se consapevolmente scelto e usato a partire da uno sguardo dell’altro rispettoso.
Gli effetti li vedono i genitori ma sono stati confermati ad esempio da un fisioterapista che, vista una ragazza nel pomeriggio, ne ha confermato una conquistata morbidezza riuscendo a lavorare meglio di quanto non fosse accaduto in precedenza.
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Al centro c’è la persona, e la persona è corpo, corpo vibrante. Ognuno di noi, più o meno consapevolmente, sceglie quando lasciarsi risuonare. A volte siamo strutturati in difesa, irrigiditi da delusioni, paure o semplicemente preconcetti. Quando invece ci diamo il permesso, e il tempo, di risuonare, di lasciarci vibrare degli eventi della vita, allora accade ciò che non ci si aspetta. Per cultura siamo soliti trascurare e sottovalutare il potere delle esperienze sensoriali e motorie. L’intelletto, le conoscenze, i saperi e tutto ciò che ha a che fare con il cognitivo ha un valore sociale riconosciuto. Invece le ultime scoperte delle neuroscienze hanno confermato ciò che chi operava a stretto contatto con i bambini e con le persone con fragilità già sapeva: le funzioni cerebrali superiori hanno le loro radici nei gesti quotidiani, nel fare, nelle emozioni e nel potere delle relazioni.
Allora le esperienze proposte durante questi quattro giorni, dove la sensorialità, la relazione, l’essere toccati e il poter toccare, il muoversi con la musica tanto che ogni gesto, anche il più quotidiano, era danza, hanno riempito, risposto a domande inespresse ma già presenti.
Per noi professionisti obiettivo altrettanto importante quanto il fare star bene i bambini e i ragazzi era che i presenti fossero consapevoli che dietro ai gesti e alle musiche giocate con apparente naturalezza c’era e c’è un pensiero e un sapere professionale. Per questo sono stati dedicati due momenti perché i genitori potessero incontrare i professionisti e scoprire alcuni dei principi teorici, invisibile trama che sostiene l’ordito. In un incontro Stefania Guerra Lisi ha spiegato i fondamenti

teorici della “Globalità dei linguaggi” e nel secondo Giulia Cremaschi Trovesi, in collegamento da Bergamo, insieme alle professioniste presenti a Roma hanno mostrato alcuni principi teorici e risposto alle domande dei genitori.
L’esperienza si è conclusa con una verifica con tutti i presenti. Il sentimento generale è stato quello della gratitudine reciproca, dell’essersi sentiti come a casa, accolti, davvero non più soli. Il desiderio comune è stato perciò quello di dare continuità all’esperienza. Alcuni genitori avrebbero voluto venire “al nord”, ma non è questa la soluzione. C’è invece una strada possibile, che è quella testimoniata nel libro dal titolo “Noi siamo tempesta” di Michela Murgia: ogni piccola apparentemente insignificante persona se non resta da sola e si allea con altri può fare la differenza, come vari eventi storici hanno dimostrato. Non servono atti eroici, al contrario serve non stare mai più da soli e continuare a credere. Un passo dopo l’altro, insieme, si può scoprire che di fronte alle grandi prove della vita, come quella di un figlio nato con una disabilità, si può fare qualcosa di più che subire e adattarsi: si può costruire un oggi e un domani sereno.

Paola Beltrami, Simona Colpani, Roberta Alberti, Cecilia Zaninelli

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Francesco Delicati : la Musicoterapia Umanistica con gli anziani e i malati di Alzheimer https://musicoterapia.it/la-musicoterapia-umanistica-con-gli-anziani-e-malati-di-alzheimer-nellesperienza-di-francesco-delicati/ Tue, 14 Feb 2023 09:21:00 +0000 https://musicoterapia.it/?p=2427 Read More

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La Musicoterapia Umanistica applicata ad anziani e a malati di demenza Alzheimer prende le mosse dal riconoscimento dell’unicità di ogni persona umana e del valore e della significatività che ogni vita rappresenta, anche quella vicina all’età della morte e quella colpita da malattie devastanti come l’Alzheimer. 

I destinatari dell’intervento musicoterapico sono persone che appartengono a quella stagione dell’esistenza denominata Età Adulta Avanzata che inizia dai 60 anni e procede fino al compimento della vita stessa.

E’ l’età senile, l’età dell’anzianità, della vecchiaia, che comprende al suo interno la Terza, la Quarta e addirittura la Quinta età.   

L’invecchiamento porta con sé tutta una serie di problematiche che possono creare difficoltà, disagio e sofferenza alla persona, accelerando così il decadimento e il deterioramento fisico, mentale e psicologico. Se a questo si aggiunge il ricovero in istituto (residenze protette, case di riposo) la situazione si può complicare ulteriormente. Si possono verificare, allora, condizioni di calo vitale, di apatia, depressione, relazioni conflittuali nel gruppo degli anziani e di tensioni tra gli ospiti e il personale che li assiste. Nella visione umanistica l’invecchiamento associato al ricovero, in termini musicali rappresenta la “rottura” di un ordine, dell’armonicità della persona.

La musica e la musicoterapia sono UN INTERVENTO DI SOSTEGNO (preventivo, riabilitativo e/o terapeutico) alle difficoltà di chi vive le problematiche dell’invecchiamento associate a quelle del ricovero. La musica, infatti, può offrire alle persone anziane sofferenti un valido aiuto perché allontana la depressione, la noia, l’ansia, l’insicurezza, la svalutazione di sé, e aiuta a recuperare le capacità intellettive e affettive. 

Scopo centrale della musicoterapia: “risvegliare” il gruppo di anziani ricoverati, riattivarne le energie sopite, APRIRE CANALI DI COMUNICAZIONE che permettano all’individuo di accedere alle proprie risorse nascoste e di riattivare, mantenere e sfruttare al massimo le funzioni intellettive, fisiche e affettive residue. 

La musicoterapia offre all’anziano un CONTESTO DI OPPORTUNITÀ nel quale la musica e le relazioni da essa instaurate favoriscono una migliore sintonia e un “accomodamento” con l’ambiente e migliorano la qualità della sua vita.

Queste ricadute positive si possono avere anche con il malato Alzheimer perché la musicoterapia, come forma di terapia riattivante, oltre a rappresentare un’esperienza privilegiata di ascolto della sua sofferenza, funziona come un CONTENIMENTO, una RASSICURAZIONE, e un SOSTEGNO laddove la persona vive e “sente” la sua esperienza come una perdita delle coordinate spaziali, temporali ed affettive.

Inoltre, nelle persone con demenza la risposta alla musica si conserva anche quando questa è molto avanzata: la musica può avere effetti a lungo termine, per esempio miglioramenti dell’umore, del comportamento e perfino della funzione cognitiva, che possono persistere anche ore o giorni dopo che questi benefici sono stati innescati dalla musica. È per questo che Oliver Sacks, neurologo e ricercatore, afferma che per quanto sono persi nella demenza, la musica è una “necessità, e può avere un potere superiore a qualsiasi altra cosa nel restituirli, seppure soltanto per poco, a se stessi e agli altri” (O. Sacks, 2008, 393).

Gli stessi malati sottolineano gli effetti benefici del fare musica assieme e il potere della musica di “dare nuova vita” o di “rifare nuove” le persone, destando in loro la vitalità e la volontà di vivere.

La musicoterapia, come intervento psicosociale, può aiutare sia la persona a mantenere la sua condizione, la sua autonomia, a preservare le sue risorse e abilità, a rallentare il decorso della malattia, fin dove è possibile, sia chi se ne prende cura (famiglie, operatori, caregivers, personale sanitario).

In genere l’intervento di musicoterapia con anziani si attua in case di riposo, residenze protette e centri diurni per malati Alzheimer. Il lavoro è di gruppo (da 8-10 persone o 15) e all’interno del gruppo è comunque possibile attuare interventi individuali. L’intervento individuale in genere non viene richiesto dai committenti (lo si attua solo nelle grandi istituzioni o presso studi di professionisti). Anche l’intervento con malati Alzheimer è di gruppo (dalle 5 alle 12 unità sottoposte a valutazione neuropsicologica).

La frequenza degli incontri è di uno o due a settimana, per la durata di un’ora-un’ora e mezzo, a seconda delle esigenze e dei bisogni delle persone e della gravità della malattia di demenza. 

Nelle case di riposo sono previsti incontri di verifica e di monitoraggio del lavoro con l’équipe multiprofessionale (geriatra, assistente sociale, educatori, animatori ed assistenti).

Il rapporto con i familiari consente ad essi di verificare la validità del trattamento e in alcuni casi offre l’opportunità di “scoprire” aspetti del proprio anziano o malato inaspettati e sorprendenti. In un’ottica sistemica, vengono condotti piccoli gruppi di musicoterapia per familiari e malati Alzheimer (2-3 famiglie) e gruppi di musicoterapia e counseling per caregivers (familiari impegnati nell’assistenza a malati di demenza). Tali gruppi hanno ricadute ed effetti positivi nelle persone, sia nel rapporto con il proprio malato, sia nella gestione e nel vissuto della malattia stessa.

Un programma di lavoro di musicoterapia prevede molteplici attività musicali per andare incontro alle esigenze e ai bisogni di ogni persona che frequenta il piccolo gruppo.

Nel lavoro vengono integrate tecniche attive e ricettive, tra cui: il canto di canzoni del repertorio della musica leggera e popolare, l’ascolto di brani musicali, l’associazione musica/movimento (dal rilassamento fisico, ai gesti liberi o strutturati in sequenze ritmiche, al ballo libero e alle danze popolari) l’improvvisazione strumentale. Queste attività musicali (integrate anche da terapia del ricordo e da attività extra-musicali) vengono usate singolarmente o in combinazione tra loro, a seconda dei soggetti, dei loro bisogni e degli obbiettivi da perseguire.

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