INSIEME A FRANCESCO. Uno sguardo sulla giornata “Musica al di là di ogni barriera”

Mentre ringraziamo il pubblico che applaude la nostra esibizione, Francesco sorride e mi tiene forte il braccio senza più lasciarmelo andare. Sono lievemente in imbarazzo perché io stessa vorrei mettermi dalla parte di chi lo applaude, invece Francesco non molla: prendiamo insieme questi applausi e mi accorgo che questo è un primo, inequivocabile segnale del fatto che in una manciata di minuti abbiamo, insieme, costruito qualcosa, dando vita ad un movimento adagio di un trio di Haydn e ad un arrangiamento di Vocalise di Rachmaninoff per violino, violoncello e pianoforte. Nel momento in cui iniziamo a suonare, chi sono? Una violinista, una novizia musicoterapeuta o l’insegnante di sostegno uscita da scuola poche ore prima? L’attacco del suono frantuma questi confini interiori: sono una persona in ascolto, con il proprio bagaglio di esperienze umane e professionali.

Dopo aver scelto la professione di insegnante, che concilia studio, dedizione, cura e relazione, ho spesso dovuto fare i conti con un senso di nostalgia per la musica, che non avrei più avuto frequentemente sotto le dita, specialmente quella da camera. Questo è il ritornello che molte volte racconto, interrogandomi su quale sia il mio orizzonte di realizzazione professionale e giustificando a me stessa, fra mille dubbi, il diritto di stare su un palcoscenico. Vi è però un’altra storia, quella che mi ha raccontato chi, quello stesso pomeriggio, ha avuto modo di ascoltarmi prima e descrivermi poi come una violinista perfettamente adatta a ricoprire quel ruolo, lusingando il tocco e il livello di ascolto che avevo dimostrato.

Credo che entrambe le storie meritino ascolto e per questo il titolo della giornata di formazione, Musica al di là di ogni barriera, si tinge di un significato meno evidente di quello che certamente sottolinea la necessità e lo sforzo di andare oltre le differenze a volte nitide fra chi ha una disabilità e chi no: barriere sono anzitutto i pregiudizi verso noi stessi, sono le voci con cui quotidianamente facciamo i conti e che, rimanendo su un piano interiore piuttosto che emergere su quello sociale e condiviso, facciamo più fatica ad identificare. La prima barriera che il concerto con Francesco ha abbattuto è stata proprio quella che mi ha precluso in questi anni di considerarmi al contempo una professionista della musica e della scuola, ritrovando un’unità di senso al percorso di studi che ho fatto, percorso in cui prorompe anche quella “musicoterapia” che è semplicemente atto di cura. Quella che ho di fronte ai ragazzi di scuola, agli studenti di violino, a Francesco e a tutti i provvisori compagni di un qualsiasi concerto.

Non nascondo di aver avuto un poco di preoccupazione la sera in cui ho accettato la proposta di suonare al Teatro Dal Verme a fianco di un pianista con autismo. Anche durante le minime prove che abbiamo fatto, un’ora prima del concerto, ho mascherato mille dubbi: “Come facciamo a partire insieme?” “Riusciremo?” “Devo chiedere chi dà l’attacco o parto io?” “Posso chiedere di riprovare un punto o mando in confusione?”. Come se queste fossero preoccupazioni speciali. La verità è che mi sono comportata come avrei fatto con chiunque altro e, al di là di questo, mi sono trovata a suonare con un ragazzo estremamente vitale e unico come ciascuno di noi può essere. Ho riflettuto a lungo sul percorso di studi che Francesco Salinari immagino abbia fatto, sulle difficoltà, le opposizioni e i pregiudizi che possa aver incontrato. Da insegnante, occorre tenerlo presente ogni qualvolta si verifica un inciampo a cui consegue la netta sensazione di aver fallito, per sé o per i propri studenti. Al termine del concerto ho provato un grande senso di gratitudine per Francesco e ci siamo lasciati con un arrivederci, mentre il mio volto era chiaramente commosso per quel piccolo gesto di umanità, suonare, che abbiamo compiuto insieme.

Carol Bergamini