Niccolò Zampiron racconta la sua esperienza in musicoterapia

La mia esperienza alla Scuola di Musicoterapia Umanistica è cominciata il 30 aprile 2020, quando partecipai a un webinar dove Mauro Scardovelli intervistava Giulia Cremaschi Trovesi.

Nel parlare della musica ponevano il suono al cuore della relazione fra le persone. Questa prospettiva mi incuriosì tanto che ho deciso di approfondire perché il suono avesse questo ruolo fondamentale nella vita di tutti. Per farlo decisi di frequentare la Scuola di Musicoterapia Umanistica organizzata dalla A.P.M.M..

Da quel momento iniziai un viaggio meraviglioso che mi ha portato a scoprire la magia celata dentro alla musica, nella sua natura fisica e nella sua bellezza, che era qualcosa che avevo sempre vissuto ma che non riuscivo a cogliere del tutto. Gli studi fatti in Conservatorio mi avevano preparato per l’atto performativo ma non per quello relazionale e pedagogico. Dunque, mi mancava quello che ho trovato finalmente negli insegnamenti di Giulia: il suono è relazione perché coinvolge i corpi attraverso la risonanza e questo genera una comunicazione reciproca fra le persone, uno scambio di emozioni e significati profondo, intenso, diretto che ci aiuta, ci fa stare bene. 

Lo sguardo di questa musicoterapia è umanistico proprio perché osserva la persona e la accoglie così com’è, da valore alle sue capacità e la porta con fiducia a uno scambio creativo di suoni, perché si è mossi dalla consapevolezza che la musica è dentro di noi e attorno a noi e va scoperta.

In questa visione c’è un messaggio pedagogico che ascolta e valorizza la persona. Infatti, sentirsi ascoltati porta ad ascoltarsi, a diventare più presenti e a sentirsi più forti nell’affrontare le difficoltà. In tal modo si possono apportare miglioramenti sorprendenti nella qualità della vita. 

Nel mio lavoro di insegnante nella scuola secondaria di primo grado mi trovo di fronte a diverse fragilità, ma ho notato che far fare ai ragazzi esperienza diretta di suoni belli li porta a scoprire il piacere di suonare, di ascoltare e di condividere la musica insieme agli altri. 

Esperienze meravigliose sono state, ad esempio, quelle negli incontri di musicoterapia con un ragazzo autistico di undici anni che nel corso di un anno solare è passato dal voltarmi le spalle a suonare insieme a me al pianoforte il tema delle dodici variazioni di Mozart sulla canzone “Ah, vous dirait-je maman”, ma lo sono state anche le esperienze vissute nelle classi, dove i ragazzi scoprono che perfino con oggetti comuni si possono creare atmosfere sonore suggestive che invitano ad ascoltarsi e aiutano a sentirsi un gruppo.

In conclusione, i quattro anni alla Scuola di Musicoterapia Umanistica mi hanno offerto momenti di scoperta continua che mi hanno reso più consapevole di quanto la musica sia parte della vita di tutti e del suo potere comunicativo. Oggi le esperienze concrete del mio lavoro mi offrono scenari nei quali posso osservare come la musica diventi un elemento di unione, di bellezza e di gioia.