Category: Primo piano

INSIEME A FRANCESCO. Uno sguardo della giornata “Musica al di là di ogni barriera”

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Mentre ringraziamo il pubblico che applaude la nostra esibizione, Francesco sorride e mi tiene forte il braccio senza più lasciarmelo andare. Sono lievemente in imbarazzo perché io stessa vorrei mettermi dalla parte di chi lo applaude, invece Francesco non molla: prendiamo insieme questi applausi e mi accorgo che questo è un primo, inequivocabile segnale del fatto che in una manciata di minuti abbiamo, insieme, costruito qualcosa, dando vita ad un movimento adagio di un trio di Haydn e ad un arrangiamento di Vocalise di Rachmaninoff per violino, violoncello e pianoforte. Nel momento in cui iniziamo a suonare, chi sono? Una violinista, una novizia musicoterapeuta o l’insegnante di sostegno uscita da scuola poche ore prima? L’attacco del suono frantuma questi confini interiori: sono una persona in ascolto, con il proprio bagaglio di esperienze umane e professionali.


Dopo aver scelto la professione di insegnante, che concilia studio, dedizione, cura e relazione, ho spesso dovuto fare i conti con un senso di nostalgia per la musica, che non avrei più avuto frequentemente sotto le dita, specialmente quella da camera. Questo è il ritornello che molte volte racconto, interrogandomi su quale sia il mio orizzonte di realizzazione professionale e giustificando a me stessa, fra mille dubbi, il diritto di stare su un palcoscenico. Vi è però un’altra storia, quella che mi ha raccontato chi, quello stesso pomeriggio, ha avuto modo di ascoltarmi prima e descrivermi poi come una violinista perfettamente adatta a ricoprire quel ruolo, lusingando il tocco e il livello di ascolto che avevo dimostrato.

Credo che entrambe le storie meritino ascolto e per questo il titolo della giornata di formazione, Musica al di là di ogni barriera, si tinge di un significato meno evidente di quello che certamente sottolinea la necessità e lo sforzo di andare oltre le differenze a volte nitide fra chi ha una disabilità e chi no: barriere sono anzitutto i pregiudizi verso noi stessi, sono le voci con cui quotidianamente facciamo i conti e che, rimanendo su un piano interiore piuttosto che emergere su quello sociale e condiviso, facciamo più fatica ad identificare. La prima barriera che il concerto con Francesco ha abbattuto è stata proprio quella che mi ha precluso in questi anni di considerarmi al contempo una professionista della musica e della scuola, ritrovando un’unità di senso al percorso di studi che ho fatto, percorso in cui prorompe anche quella “musicoterapia” che è semplicemente atto di cura. Quella che ho di fronte ai ragazzi di scuola, agli studenti di violino, a Francesco e a tutti i provvisori compagni di un qualsiasi concerto.

Non nascondo di aver avuto un poco di preoccupazione la sera in cui ho accettato la proposta di suonare al Teatro Dal Verme a fianco di un pianista con autismo. Anche durante le minime prove che abbiamo fatto, un’ora prima del concerto, ho mascherato mille dubbi: “Come facciamo a partire insieme?” “Riusciremo?” “Devo chiedere chi dà l’attacco o parto io?” “Posso chiedere di riprovare un punto o mando in confusione?”. Come se queste fossero preoccupazioni speciali. La verità è che mi sono comportata come avrei fatto con chiunque altro e, al di là di questo, mi sono trovata a suonare con un ragazzo estremamente vitale e unico come ciascuno di noi può essere. Ho riflettuto a lungo sul percorso di studi che Francesco Salinari immagino abbia fatto, sulle difficoltà, le opposizioni e i pregiudizi che possa aver incontrato. Da insegnante, occorre tenerlo presente ogni qualvolta si verifica un inciampo a cui consegue la netta sensazione di aver fallito, per sé o per i propri studenti. Al termine del concerto ho provato un grande senso di gratitudine per Francesco e ci siamo lasciati con un arrivederci, mentre il mio volto era chiaramente commosso per quel piccolo gesto di umanità, suonare, che abbiamo compiuto insieme.

Carol Bergamini

STEFANIA BATTARINO E LA MUSICOTERAPIA UMANISTICA IN SARDEGNA

Incontriamo Stefania Battarino, Musicoterapeuta Certificata che ci racconta la sua storia.

Dove svolgi la tua attività di musicoterapia? Da quanto tempo?

Vivo e lavoro a Cagliari dove si trova anche il mio studio di musicoterapia che è nato nel luglio del 2001 ma ho iniziato a fare musicoterapia nel 1997 in un centro diurno per persone adulte con disabilità.
A Cagliari ancora non si parlava di musicoterapia ed è stato per me un lungo e appassionante periodo di incontri nelle scuole, nei centri di riabilitazione, nelle associazioni e in tutti gli enti che si occupavano di disabilità e di benessere della persona. Viaggiavo per la Sardegna in lungo e in largo per parlare con le persone e far loro conoscere la musicoterapia umanistica. In quegli anni prendevo tanti aerei per proseguire con la formazione e per incontrare le persone a cui volevo e voglio tuttora bene.

A che persone ti rivolgi principalmente?

Ho sempre lavorato con persone di diverse età ma ho una maggiore esperienza con giovani e adulti con disturbi psichiatrici e varie disabilità; recentemente ho iniziato a lavorare anche con gli anziani. Mi piace inoltre condurre seminari di crescita personale con chi desidera fare un lavoro su di sé; questi sono incontri preziosi per me perché posso sperimentare e tornare alla musica in modo diverso, forse più libero e creativo e con minori tensioni.

Collabori con professionisti di altri settori?

Si e con molto piacere, lavoro in coppia con Francesca Lilliu con cui collaboro da quasi 10 anni. Francesca è una danzamovimentoterapeuta con la quale abbiamo dato vita al progetto che abbiamo chiamato Sinergia perché unisce le nostre competenze.
Con lei ho anche ritrovato l’aspetto più artistico del nostro lavoro, è un piacere suonare e rispecchiare i suoi movimenti, lasciarmi condurre dalla sua energia ed è bello anche cercare nuovi strumenti musicali per sostenere, incoraggiare e rinforzare.

Collaboro inoltre con Alessandra Micheli, una fisioterapista ed operatrice shiatsu; uniamo il trattamento shiatsu con l’armonizzazione del suono strumentale e/o vocale e ultimamente con Patrizia Piras che fa reflessologia plantare e fiori di Bach.
Queste collaborazioni sono preziose per me perché sono occasioni per farci domande a vicenda, per comprendere meglio il nostro lavoro.

Spesso gli obiettivi del nostro procedere sono identiche ma il modo di raggiungerli è diverso, riscopriamo quindi il ruolo del suono, del corpo, della relazione, dello spazio, dell’energia e del tempo, del peso, dello scambio, dello sguardo, del rispetto reciproco.
Sono momenti nei quali la musica e il movimento trovano una nuova vita.

Nell’incontro delle differenze ci sono sempre delle nuove nascite.

Sono convinta che non esista una “verità”, che non ci sia in assoluto un modo giusto o sbagliato di agire. Nell’incontro con gli altri professionisti, anche con musicoterapeuti di diversa formazione, mi sono lasciata sorprendere dalla ricchezza delle differenze, dai diversi punti di vista, da come ognuno di noi guarda, ascolta e si muove nel proprio spazio interno ed esterno.

Vivere su un’isola, da giovane non mi piaceva e scappavo appena potevo, viaggiavo alla ricerca di terra ferma, della stabilità, della certezza.
Volevo ascoltare nuove voci, nuovi suoni, parlavo le lingue straniere e questo mi rendeva libera e mi dava una grande euforia.

Dentro di me albergavano i miei antenati viaggiatori ma io non ne ero consapevole.
Quando tornavo a casa ero confusa.
Nel mio lavoro di musicoterapia, volevo riportare e riproporre le esperienze fatte sulla terra ferma, ma le voci, i suoni, gli sguardi, le reazioni, gli atteggiamenti delle persone della mia terra isola erano diversi e tutto mi sembrava difficile.
Quello che capitava sulla “terra ferma” non capitava nella mia.

Perché eravamo così diversi?
Quello che imparavo a Bergamo, a Bologna ma anche ad Amsterdam o a Londra, non valeva a Cagliari e ancora meno in altre zone della Sardegna.
Chi ero io? Come mi dovevo muovere? Cosa e come suonare? Quale musica?
Perché tutto era così diverso?

Non chieder più Nulla per te qui resta. Non sei della tribù. Hai sbagliato foresta.

(Cabaletta dello stregone benevolo di Giorgio Caproni)

Io sono cresciuta perché ho ascoltato lingue e accenti diversi, cercando di rispettarli.
E solo ascoltando le altre voci, ho potuto ascoltare meglio la mia.
Ora posso dire che è bello vivere su una terra antica e ho scoperto che quel senso di instabilità e di precarietà, albergava soltanto dentro di me e proprio come accade negli incontri di musicoterapia, ho dovuto guardare e trasformare il mio disagio per entrare in risonanza proprio con quella “foresta”.

Si è creata una rete di collaborazioni con altre figure professionali/associazioni del territorio?

In tutti questi anni si è creata una rete che a volte è invisibile perché è fatta di passaparola. In un mondo dove il marketing e i social trionfano, io lascio le energie dedicate alla pubblicità a chi ne ha voglia.
Sono convinta che le persone vengano a fare musicoterapia perché veramente lo desiderano e perché trovano uno spazio di ascolto e accoglienza.

Entrano in uno studio pieno di strumenti musicali, di cesti e di colori, trovano un giardino con gli alberi di arance e credo che sia bello suonare e stare insieme così.
Le persone arrivano perché gli altri ne parlano.
Certamente ho collaborato e collaboro con centri che si occupano di disabilità, quindi arrivano con il loro bus gruppi di adulti disabili, tante famiglie e gruppi di persone che amano la musica, la danza, l’arte e che cercano uno spazio autentico.

Stefania Battarino

MAI PIU’ DA SOLI – ROMA DICEMBRE 2022

Roma, 27 dicembre 2022, ore 15. Siamo sulla porta del Polo Panfilo Castaldi del Municipio XII in attesa dell’arrivo dei bambini e ragazzi iscritti all’evento “Mai più da soli – Roma 2022”.
Di cosa si tratta?
Facciamo un salto indietro nel tempo, torniamo all’estate appena trascorsa. Tra gli ospiti della seconda Settimana Estiva organizzata a Crema presso la Casa del Pellegrino dalla Federazione Italiana Musicoterapeuti (FIM), ci sono Alice e la sua mamma Isa.

Viviamo giorni di attività artistiche, musicali, educative rivolte a famiglie con bambini e ragazzi con disabilità che arrivano da varie regioni d’Italia. La settimana estiva fa parte del più ampio progetto MAI PIU’ DA SOLI della Casa del Pellegrino di Crema: un modo per accogliere e dare dignità alla persona, qualunque siano le sue condizioni e il suo ruolo. Perché i primi ad aver bisogno dell’altro e a cercare di vivere quel MAI PIU’ DA SOLI sono proprio i volontari, 60 attualmente, di cui trenta sono ragazzi tra i 16 e i 25 anni.

L’entusiasmo e la gioia che Isa si porta a casa contagia famigliari, colleghi e amici romani di cui uno con un ruolo politico. Non si arrende all’idea che tutto finisca in pochi giorni. Vuole portare a Roma, nella sua città, tutto il bello e il bene condiviso a Crema. E sa che noi, musicoterapeute FIM, ci siamo, insieme a Simona Colpani, co-fondatrice della Musicoterapia Umanistica della Relazione Circolare secondo il modello di Giulia Cremaschi Trovesi.

Isa D’Alessandro, delegato F.I.E.R Fédération International des Enseignants de Rythmique – dell’Associazione Italiana Jaques Dalcroze (AIJD), si rimbocca le maniche. Si stringe la collaborazione tra AIJD e FIM e si prepara l’evento che si svolgerà dal 27 al 30 dicembre 2022 con lo stesso nome (MAI PIU’ DA SOLI) di quello cremasco, da cui ha preso l’ispirazione e l’avvio. E quando finalmente siamo a Roma non ci sembra vero. Le emozioni sono sempre tante quando ci si appresta a conoscere famiglie e ragazzi nuovi, come per altro è anche per le famiglie e i ragazzi: nuovi terapisti, nuovi incontri che potrebbero significare nuovi giudizi o nuove occasioni.

Uno dopo l’altro arrivano tutti i bambini e ragazzi iscritti.
Isa D’Alessandro dà il via, emozionata e felice, alle quattro giornate che ci aspettano. Presentando i diversi professionisti che collaboreranno per offrire a famiglie e ragazzi un luogo accogliente, valorizzante, familiare e rasserenante: musica d’insieme, musicoterapia secondo il modello della relazione circolare, ritmica Dalcroze, attività montessoriane, danza inclusiva, globalità dei linguaggi di Stefania Guerra Lisi.
Paola Beltrami (referente della settimana estiva di Crema) presenta le colleghe Simona Colpani, Roberta Alberti e Cecilia Zaninelli. C’è attesa e curiosità per la Musicoterapia Umanistica della Relazione Circolare e la Musica d’Insieme perché Roma capitale, nella sua magnificenza, non ha musicoterapeuti FIM.
Prima di entrare nel vivo, Davide Balestracci, presidente della Casa del Pellegrino di Crema (CR), racconta come e dove è nata la settimana estiva e soprattutto il motto MAI PIU’ DA SOLI, che non è parole ma un modo di essere che non riguarda solo chi è accolto, ma anche chi accoglie, perché ognuno di noi ha bisogno di sperimentare la solidarietà e la condivisione, scoprendo che se si cammina insieme si possono raggiugere mete precluse al viaggiatore solitario.
Dopo la visione del video pubblicato da Crema Online (https://www.cremaonline.it/rubriche/29-11- 2022_La+Casa+del+Pellegrino,+un+luogo+di+ritrovo+e+inclusione/ ) iniziano le attività: Ritmica Dalcroze, Musicoterapia e Musica d’insieme, a cui si aggiungeranno Danza Inclusiva e Attività Montessoriane.
C’è musica nell’aria, musica che scioglie i nodi, musica che accarezza le ferite come un balsamo e che riscalda i cuori facendo divertire, cercando il bello anche dove potrebbe sembrare difficile vederlo.

C’è posto per tutti, mamme e papà, fratelli e sorelle.
Cantiamo il nome proprio, e subito i volti arrossiscono, qualche lacrima sgorga incontrollata per l’emozione di sentirsi chiamare per nome con il canto da tutti insieme. E l’emozione è grande anche nei genitori, che giocano, suonano, cantano, lasciando almeno per un attimo da parte le preoccupazioni dell’oggi e del domani, le routine di accudimento.
Ogni giorno proponiamo il laboratorio di musica d’insieme facendo conoscere strumenti diversi: il sassofono, l’arpa, il violoncello.
Bambini irrequieti, distratti, con gli occhi che vagano ovunque riescono a fermarsi, a osservare e soprattutto ascoltare con le mani, con i piedi, lo strumento proposto. Sono attimi di ascolto profondo, di magia, nel senso etimologico del termine, quel “di più” (magis) che finalmente fa illuminare gli sguardi di piccoli e grandi. L’attenzione messa in atto diventa concentrazione, capacità di soffermarsi sul punto focale, di tralasciare il resto. E’ scegliere di esserci e di mettersi in gioco. Suonare e cantare insieme crea unione, comunione, energia donata e catturata da ognuno. I genitori raccontano il piacere dello stare insieme, finalmente senza la paura del giudizio, senza la preoccupazione di sentirsi inadeguati, emozionati per il piacere trovato o ritrovato, piacere che si legge nel viso sempre più disteso. Il suono è relazione, il suono è onda di energia che ti entra dentro e ti “sconquassa”, ti libera dalle difese, ti invita con ostinata dolcezza a lasciarti andare.
Anche durante le sedute di musicoterapia accadono eventi unici.
Bambini e ragazzi, una volta saliti sopra la cassa armonica del pianoforte appositamente rinforzata, si ascoltano, ognuno a modo proprio. Qualcuno riesce a rilasciare le tensioni corporee dovute ad una lesione cerebrale, altri smettono di obbedire e iniziano a giocare e a permettersi di esprimere se stessi, altri ancora si lasciano toccare e interrompono corse che sono fughe. Non sono miracoli come qualche genitore li ha chiamati, bensì uso consapevole del potere insito nel suono, nella musica, nel contatto, nella relazione e nella fiducia. Ovviamente non basta avere uno sguardo fiducioso sull’altro, e non basta saper suonare bene. Eppure questi due elementi sono ingredienti fondamentali. Tutto il sapere tecnico diventa potente ed efficace se consapevolmente scelto e usato a partire da uno sguardo dell’altro rispettoso.
Gli effetti li vedono i genitori ma sono stati confermati ad esempio da un fisioterapista che, vista una ragazza nel pomeriggio, ne ha confermato una conquistata morbidezza riuscendo a lavorare meglio di quanto non fosse accaduto in precedenza.
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Al centro c’è la persona, e la persona è corpo, corpo vibrante. Ognuno di noi, più o meno consapevolmente, sceglie quando lasciarsi risuonare. A volte siamo strutturati in difesa, irrigiditi da delusioni, paure o semplicemente preconcetti. Quando invece ci diamo il permesso, e il tempo, di risuonare, di lasciarci vibrare degli eventi della vita, allora accade ciò che non ci si aspetta. Per cultura siamo soliti trascurare e sottovalutare il potere delle esperienze sensoriali e motorie. L’intelletto, le conoscenze, i saperi e tutto ciò che ha a che fare con il cognitivo ha un valore sociale riconosciuto. Invece le ultime scoperte delle neuroscienze hanno confermato ciò che chi operava a stretto contatto con i bambini e con le persone con fragilità già sapeva: le funzioni cerebrali superiori hanno le loro radici nei gesti quotidiani, nel fare, nelle emozioni e nel potere delle relazioni.
Allora le esperienze proposte durante questi quattro giorni, dove la sensorialità, la relazione, l’essere toccati e il poter toccare, il muoversi con la musica tanto che ogni gesto, anche il più quotidiano, era danza, hanno riempito, risposto a domande inespresse ma già presenti.
Per noi professionisti obiettivo altrettanto importante quanto il fare star bene i bambini e i ragazzi era che i presenti fossero consapevoli che dietro ai gesti e alle musiche giocate con apparente naturalezza c’era e c’è un pensiero e un sapere professionale. Per questo sono stati dedicati due momenti perché i genitori potessero incontrare i professionisti e scoprire alcuni dei principi teorici, invisibile trama che sostiene l’ordito. In un incontro Stefania Guerra Lisi ha spiegato i fondamenti

teorici della “Globalità dei linguaggi” e nel secondo Giulia Cremaschi Trovesi, in collegamento da Bergamo, insieme alle professioniste presenti a Roma hanno mostrato alcuni principi teorici e risposto alle domande dei genitori.
L’esperienza si è conclusa con una verifica con tutti i presenti. Il sentimento generale è stato quello della gratitudine reciproca, dell’essersi sentiti come a casa, accolti, davvero non più soli. Il desiderio comune è stato perciò quello di dare continuità all’esperienza. Alcuni genitori avrebbero voluto venire “al nord”, ma non è questa la soluzione. C’è invece una strada possibile, che è quella testimoniata nel libro dal titolo “Noi siamo tempesta” di Michela Murgia: ogni piccola apparentemente insignificante persona se non resta da sola e si allea con altri può fare la differenza, come vari eventi storici hanno dimostrato. Non servono atti eroici, al contrario serve non stare mai più da soli e continuare a credere. Un passo dopo l’altro, insieme, si può scoprire che di fronte alle grandi prove della vita, come quella di un figlio nato con una disabilità, si può fare qualcosa di più che subire e adattarsi: si può costruire un oggi e un domani sereno.

Paola Beltrami, Simona Colpani, Roberta Alberti, Cecilia Zaninelli

Francesco Delicati : la Musicoterapia Umanistica con gli anziani e i malati di Alzheimer

La Musicoterapia Umanistica applicata ad anziani e a malati di demenza Alzheimer prende le mosse dal riconoscimento dell’unicità di ogni persona umana e del valore e della significatività che ogni vita rappresenta, anche quella vicina all’età della morte e quella colpita da malattie devastanti come l’Alzheimer. 

I destinatari dell’intervento musicoterapico sono persone che appartengono a quella stagione dell’esistenza denominata Età Adulta Avanzata che inizia dai 60 anni e procede fino al compimento della vita stessa.

E’ l’età senile, l’età dell’anzianità, della vecchiaia, che comprende al suo interno la Terza, la Quarta e addirittura la Quinta età.   

L’invecchiamento porta con sé tutta una serie di problematiche che possono creare difficoltà, disagio e sofferenza alla persona, accelerando così il decadimento e il deterioramento fisico, mentale e psicologico. Se a questo si aggiunge il ricovero in istituto (residenze protette, case di riposo) la situazione si può complicare ulteriormente. Si possono verificare, allora, condizioni di calo vitale, di apatia, depressione, relazioni conflittuali nel gruppo degli anziani e di tensioni tra gli ospiti e il personale che li assiste. Nella visione umanistica l’invecchiamento associato al ricovero, in termini musicali rappresenta la “rottura” di un ordine, dell’armonicità della persona.

La musica e la musicoterapia sono UN INTERVENTO DI SOSTEGNO (preventivo, riabilitativo e/o terapeutico) alle difficoltà di chi vive le problematiche dell’invecchiamento associate a quelle del ricovero. La musica, infatti, può offrire alle persone anziane sofferenti un valido aiuto perché allontana la depressione, la noia, l’ansia, l’insicurezza, la svalutazione di sé, e aiuta a recuperare le capacità intellettive e affettive. 

Scopo centrale della musicoterapia: “risvegliare” il gruppo di anziani ricoverati, riattivarne le energie sopite, APRIRE CANALI DI COMUNICAZIONE che permettano all’individuo di accedere alle proprie risorse nascoste e di riattivare, mantenere e sfruttare al massimo le funzioni intellettive, fisiche e affettive residue. 

La musicoterapia offre all’anziano un CONTESTO DI OPPORTUNITÀ nel quale la musica e le relazioni da essa instaurate favoriscono una migliore sintonia e un “accomodamento” con l’ambiente e migliorano la qualità della sua vita.

Queste ricadute positive si possono avere anche con il malato Alzheimer perché la musicoterapia, come forma di terapia riattivante, oltre a rappresentare un’esperienza privilegiata di ascolto della sua sofferenza, funziona come un CONTENIMENTO, una RASSICURAZIONE, e un SOSTEGNO laddove la persona vive e “sente” la sua esperienza come una perdita delle coordinate spaziali, temporali ed affettive.

Inoltre, nelle persone con demenza la risposta alla musica si conserva anche quando questa è molto avanzata: la musica può avere effetti a lungo termine, per esempio miglioramenti dell’umore, del comportamento e perfino della funzione cognitiva, che possono persistere anche ore o giorni dopo che questi benefici sono stati innescati dalla musica. È per questo che Oliver Sacks, neurologo e ricercatore, afferma che per quanto sono persi nella demenza, la musica è una “necessità, e può avere un potere superiore a qualsiasi altra cosa nel restituirli, seppure soltanto per poco, a se stessi e agli altri” (O. Sacks, 2008, 393).

Gli stessi malati sottolineano gli effetti benefici del fare musica assieme e il potere della musica di “dare nuova vita” o di “rifare nuove” le persone, destando in loro la vitalità e la volontà di vivere.

La musicoterapia, come intervento psicosociale, può aiutare sia la persona a mantenere la sua condizione, la sua autonomia, a preservare le sue risorse e abilità, a rallentare il decorso della malattia, fin dove è possibile, sia chi se ne prende cura (famiglie, operatori, caregivers, personale sanitario).

In genere l’intervento di musicoterapia con anziani si attua in case di riposo, residenze protette e centri diurni per malati Alzheimer. Il lavoro è di gruppo (da 8-10 persone o 15) e all’interno del gruppo è comunque possibile attuare interventi individuali. L’intervento individuale in genere non viene richiesto dai committenti (lo si attua solo nelle grandi istituzioni o presso studi di professionisti). Anche l’intervento con malati Alzheimer è di gruppo (dalle 5 alle 12 unità sottoposte a valutazione neuropsicologica).

La frequenza degli incontri è di uno o due a settimana, per la durata di un’ora-un’ora e mezzo, a seconda delle esigenze e dei bisogni delle persone e della gravità della malattia di demenza. 

Nelle case di riposo sono previsti incontri di verifica e di monitoraggio del lavoro con l’équipe multiprofessionale (geriatra, assistente sociale, educatori, animatori ed assistenti).

Il rapporto con i familiari consente ad essi di verificare la validità del trattamento e in alcuni casi offre l’opportunità di “scoprire” aspetti del proprio anziano o malato inaspettati e sorprendenti. In un’ottica sistemica, vengono condotti piccoli gruppi di musicoterapia per familiari e malati Alzheimer (2-3 famiglie) e gruppi di musicoterapia e counseling per caregivers (familiari impegnati nell’assistenza a malati di demenza). Tali gruppi hanno ricadute ed effetti positivi nelle persone, sia nel rapporto con il proprio malato, sia nella gestione e nel vissuto della malattia stessa.

Un programma di lavoro di musicoterapia prevede molteplici attività musicali per andare incontro alle esigenze e ai bisogni di ogni persona che frequenta il piccolo gruppo.

Nel lavoro vengono integrate tecniche attive e ricettive, tra cui: il canto di canzoni del repertorio della musica leggera e popolare, l’ascolto di brani musicali, l’associazione musica/movimento (dal rilassamento fisico, ai gesti liberi o strutturati in sequenze ritmiche, al ballo libero e alle danze popolari) l’improvvisazione strumentale. Queste attività musicali (integrate anche da terapia del ricordo e da attività extra-musicali) vengono usate singolarmente o in combinazione tra loro, a seconda dei soggetti, dei loro bisogni e degli obbiettivi da perseguire.

L’esperienza di Claudia Del Bello alla Scuola di Musicoterapia Umanistica

Negli anni 2016 – 2020 ho vissuto quattro anni di alta formazione densa di esperienze significative.
Significativi gli incontri con formatrici e colleghi di studi e con le persone incontrate durante i tirocini: tutti avevano da insegnarmi qualcosa.
Mi sono orientata alla Scuola di Musicoterapia Umanistica in seguito a consigli di persone che poco ne sapevano di arteterapia e di me, ma avevano percepito una mia maggiore attitudine alla relazione e all’ascolto del collettivo piuttosto che ad un’attività da solista performante. Non avevo amato il loro consiglio, sarò sincera, ma grazie a quel germe di curiosità, mi imbattei di lì a poco in un convegno presso il conservatorio dove studiavo. Partecipai e lì ascoltai per la prima volta Giulia Cremaschi Trovesi: il giorno stesso decisi di iscrivermi all’esame di ammissione della Scuola quadriennale di Musicoterapia; ero felicemente in tempo, e di questo gioisco ancora oggi.

Credo che vivere dense giornate di formazione con professioniste come quelle che ho potuto incontrare sia stata un’esperienza unica e preziosissima. Non avevo mai frequentato alcuna scuola con lo stesso entusiasmo e con la fame di esperire cose nuove senza la paura del giudizio.
Anche i tirocini (tutti e soprattutto quelli attivi in cui la professionista mi metteva all’opera continuamente) sono stati svolti nel pieno senso dell’apprendere, dello scoprire e dello scoprirsi in relazione con l’altro.
Giulia ci ha sempre detto, credendoci e guardandoci profondamente negli occhi, che ognuno ha delle risorse proprie e si tratta “solamente” di “tirarle fuori”. Questo il lavoro più grosso che Giulia ci ha aiutato a fare con noi stessi. In quei quattro anni meravigliosi abbiamo sperimentato su di noi il lavoro che va costruito con le persone che incontriamo in musicoterapia: favorire l’espressione delle risorse di ognuno e valorizzarle, grazie ad una relazione che è suono e che dialoga e si rinforza nel suono, nel canto, nell’agire insieme.

Mi sono rispecchiata nel modello della Musicoterapia Umanistica e in questa traccia provo a procedere.
A fronte di un grande carico di energia positiva, di un bagaglio di autostima più consistente, di maggiori competenze, della buona predisposizione verso un lavoro tanto delicato e al contempo tanto energico, la realtà post-scolastica non è stata semplicissima. Il periodo covid ha sgonfiato il grande entusiasmo subito dopo il diploma nel Settembre 2020; ancora oggi, tolte alcune collaborazioni con realtà scolastiche, mi trovo con fatica a individuare spazi o persone che possano comprendere e accogliere progetti di musicoterapia umanistica. Il mio sogno è creare un luogo dove poter svolgere la mia professione, come quello in cui lavorano le musicoterapeute che ho conosciuto, uno spazio libero e solido, tutelante per chi viene e per chi ci lavora. Il mio sogno ancora più grande è una collaborazione con altre professioniste/i arteterapeuti e con il territorio.
Perseguo un percorso tortuoso verso un equilibrio economico che mi permetta di investire, nel frattempo prendo spunto da questo articolo per rilanciare collaborazioni a reti vecchie e nuove, per rigioire insieme!

“MAI PIU’ DA SOLI” Settimana Estiva

La settimana estiva “Mai più da soli” nasce come risposta alle numerose richieste di sostegno che sono pervenute alla Federazione Italiana Musicoterapeuti in seguito alla trasmissione “Che ci faccio qui” che ha presentato il documentario “Giulia & Giulia” del regista Domenico Iannacone andato in onda il 29 marzo 2021 su RAI 3.

Dopo questa trasmissione, tantissime persone hanno scritto alla F.I.M. perché hanno intravisto nella Musicoterapia Umanistica la possibilità di condividere e alleggerire il senso di solitudine e il senso di abbandono che vivono a causa della presenza di uno o più figli disabili, sensazioni che si sono accentuate con la pandemia. E’ necessario tornare ad incontrarsi, fare rete tra genitori e tra genitori e professionisti.

L’arte è uno strumento potente di rinascita, di aggregazione, di riscatto sociale. A partire dalla musica e dalla Musicoterapia, la settimana estiva vuole essere un momento e un luogo per fare esperienza del “fare insieme”, dell’immergersi in attività artistiche, di gioco, di movimento per ritrovare serenità, per guardare i propri figli con occhi diversi, per non sentirsi mai più da soli. Ecco allora che la settimana estiva sarà l’occasione per conoscere la Musicoterapia Umanistica, e fare tante attività artistiche e di formazione.

La settimana “Mai più da soli” non è un centro estivo per bambini con disabilità, ma è rivolta alla famiglia, con il desiderio di:

• fare famiglia

• dare l’opportunità ai bambini con disabilità di fare un’esperienza intensiva di attività artistiche ed educative per tirare fuori il meglio di sé

• avere cura dei fratelli e delle sorelle

• incontrare i genitori, dando spazio al confronto.

L’iniziativa, che si svolgerà dal pomeriggio di domenica 25 luglio 2021 alla sera di giovedì 29 luglio, è destinata a 10 famiglie di bambini con disabilità provenienti da varie parti d’Italia. Cuore dell’idea è farsi carico dell’intera famiglia, offrendo sia momenti da vivere tutti insieme, sia attività specifiche per i vari membri (il bambino, i fratelli /sorelle, la coppia), perché la disabilità è una condizione di vita che riguarda non solo il bambino ma anche la sua famiglia.

La settimana estiva avrà luogo a Crema (CR) presso la Casa del Pellegrino, luogo accogliente e ospitale ai piedi della Basilica di S. Maria della Croce, sede dell’omonima associazione di volontariato che si occupa, oltre alla ristorazione, di organizzare eventi finalizzati alla valorizzazione della Basilica, di promuovere la cultura del volontariato come fattore educativo e di riscatto sociale anche mediante coinvolgimento di persone svantaggiate o appartenenti a categorie fragili della società.

La settimana sarà ricca di attività sia per i bambini con disabilità, che per i fratelli e i genitori:

• Musicoterapia

• Arpa terapia (per le mamme)

• Arte terapia

• Clown terapia

• Attività Montessoriane

• Giochiamo a fare sport

• Musica d’insieme (per i fratelli e sorelle)

• Ippoterapia

• Incontri genitori con i professionisti

• Visite guidate nel Parco del Serio

Il gruppo Scout Crema 3 metterà a disposizione giovani dai 17 ai 20 anni per animare vari momenti delle giornate, organizzare giochi coi fratelli e sorelle, accompagnare le famiglie nelle attività esterne alla Casa del Pellegrino. scommesse bitcoin

Per maggiori informazioni: Paola Beltrami 333 8294355  e musicoterapiafim@gmail.com

Musicoterapia e scuola: un binomio possibile?

Sono Roberta Alberti, Musicoterapeuta certificata.

Dopo il diploma in Conservatorio mi sono formata con Giulia Cremaschi Trovesi e ho lavorato molti anni come Musicoterapeuta, ho preso l’abilitazione come insegnante di Musica nella scuola secondaria di primo e secondo grado, e mi sono specializzata sul Sostegno. Lavoro presso una scuola molto grande, con due sezioni ad indirizzo Musicale. E’ una scuola Potenziata, ciò significa che accoglie anche ragazzi con disabilità molto gravi, oltre a tutti gli altri ragazzi che hanno il sostegno. La scuola dispone di ampi spazi dedicati agli alunni disabili e ai loro compagni di classe (una grande cucina, una stanza relax, la stanza di Psicomotricità) e naturalmente aule adibite alle lezioni di strumento e orchestra. C’è quindi la possibilità di poter avere un’aula libera con il pianoforte. Da anni tengo il Laboratorio di Musicoterapia con cadenza settimanale per due gruppi ristretti di alunni, i più gravi dei quali vengono accompagnati dal proprio insegnante o educatore.

Sono tra i soci fondatori della F.I.M. e ho lavorato a lungo sui princìpi teorici della Musicoterapia. La domanda che mi sono posta è stata: come lavorare dentro la scuola senza tradire i princìpi cardine della Musicoterapia A.P.M.M.?

Per quanto riguarda il setting posso usufruire di una stanza tutta per me, con un pianoforte a muro e spazio per potersi muovere. Porto con me il materiale creato negli anni, materiale unico, che sin da subito desta stupore nei ragazzi e in chi li accompagna. Inizio sempre con un lavoro sul corpo: siamo in un contesto scolastico, i ragazzi arrivano da me dopo alcune ore di lezione, c’è bisogno di creare uno stacco con la realtà circostante, un luogo in cui ci sia la possibilità di sperimentare un ascolto diverso, di sé e degli altri: le sedie sono poste in cerchio intorno al pianoforte, al quale solo io ho accesso. Inizio dando ad ogni ragazzo e a ogni adulto che lo accompagna un oggetto che permetta di lavorare sul corpo attraverso un contatto non troppo invasivo. All’inizio si tratta di sintonizzarsi gli uni sugli altri, in un dialogo che, partendo dalla macro differenziazione tra suono e silenzio, via via si farà  sempre più raffinato, al variare delle mie modalità nel suonare e dei gesti, con intensità di suono differenti, diversi ritmi, diverse velocità di esecuzione.

Il lavoro in piccolo gruppo ha grandi potenzialità: è un lavoro vario, i ragazzi imparano ad aspettare, ad osservare l’altro, a imitarlo, a rispettare i turni. Ognuno di questi aspetti è un importante obiettivo da perseguire, che porta frutto ed è trasversale a tutti gli ambiti. Ogni ragazzo impara a proporre, a esporsi di fronte agli altri, a mettersi in ascolto, ad essere protagonista. Spesso i ragazzi con cui lavoro non sanno proporre, non si concedono il diritto di affermarsi, forse nessuno ha mai guardato a loro come a persone competenti. La Musicoterapia permette a chi è presente di guardare ai ragazzi in modo nuovo, di porre al centro non tanto ciò che manca, ma di vedere la ricchezza che essi già hanno in sé, le potenzialità che aspettano di esprimersi, di poter emergere.

Lavoriamo sul Dialogo Sonoro, sull’uso della voce, sul movimento. Ci avviciniamo al pianoforte, ne percepiamo il suono nel corpo, nelle mani. Cantiamo, dapprima i nostri nomi, poi conte e filastrocche tratte dalla tradizione popolare; lavoriamo sul movimento, con nastri e veli, il tutto sempre guidato dal pianoforte che improvvisa sulla situazione che via via si viene a creare.

Ogni incontro è nuovo, il dialogo e l’interazione tra noi sono sempre una novità, e la relazione cresce dentro il gruppo, grazie alla musica.

Anche la scuola può essere luogo di un cambiamento terapeutico indotto dalla Musica, purché sussistano determinate condizioni e vengano rispettati tutti i princìpi teorici su cui si basa il nostro modello di Musicoterapia.

Inoltre la presenza degli educatori e degli insegnanti di sostegno mi permette di fare un lavoro di formazione: spiego le attività, le inquadro nella cornice dei contenuti teorici, spiego da dove vengono determinati lavori, e dove portano. Nulla è per caso, e questa è un’occasione preziosa di crescita; la fatica maggiore è costituita dal portare gli insegnanti a superare i pregiudizi, il bisogno di dare istruzioni, di intervenire con la parola nei momenti – preziosissimi – di silenzio. Di mettere a tacere l’ansia per la prestazione, che sempre ci permea dentro la cultura in cui viviamo. Voglio che i ragazzi conoscano il bello attraverso la musica, e voglio che questa esperienza apra a loro uno sguardo nuovo su di sé.

 

Roberta Alberti

Scuola di Musicoterapia: l’esperienza di Pablo Díaz Cázares “LA CURIOSITA’ INESAURIBILE”

C: Pablo, la tua storia personale, come quella di ognuno, è unica; la tua, all’interno del gruppo di
studio 2016-2020, è particolare anche perché tu non vivi in Italia da sempre. Lo studio, inoltre,
sembra non cessare mai nella tua vita – e mi ricorda qualcuno che questa Scuola l’ha fondata! -.
Raccontaci un po’ per quali studi sei arrivato in Italia, quali altri hai intrapreso prima di approdare
alla Scuola di Musicoterapia, e a quali ti sei dedicato poi o cui ancora vorresti dedicarti.

Pablo: Appena laureato in pianoforte nel Centro Nazionale delle Arti a Città del Messico mi ero
trasferito al sud del Messico, nella città di Merida nello Yucatan, dove avevo cominciato a
insegnare e accompagnare nella recentemente fondata ESAY (Scuola Superiore delle Arti dello
Yucatan). La curiosità, che non sono mai riuscito ad appagare, mi ha spinto a cercare informazione
sulle diverse borse di studio e ho scoperto che il governo italiano in accordo con il governo del
Messico aveva un programma di cooperazione bilaterale per professionisti che occupassero
posizioni strategiche per lo sviluppo del Paese, il lavoro che io facevo aveva quelle caratteristiche.
Così dopo un lungo iter burocratico cominciato nell’Ambasciata italiana di Città del Messico e nel
mezzo della prima pandemia che abbia mai vissuto, dovuta al virus H1N1 sviluppatasi proprio in
Messico, ad ottobre del 2009 faccio il mio primo viaggio in Italia per fare l’ammissione al
Conservatorio “Tomadini” di Udine per frequentare il biennio specialistico.
In Italia mi sono laureato in pianoforte, nel frattempo all’interno del Conservatorio avevo sentito
della metodologia Willems e così dopo la laurea mi sono iscritto al corso Willems che ho
frequentato per tre anni. Tale metodologia mi ha introdotto nello studio di un pensiero molto
profondo che ha come scopo lo sviluppo dell’orecchio musicale. In questo contesto comincio a
capire come la musica sia una espressione legata direttamente alla natura dell’essere umano e
rispecchi intrinsecamente il suo mondo interiore.
Nel 2016 quasi incidentalmente vengo a sapere della Scuola di Musicoterapia Umanistica A.P.M.M.
“Giulia Cremaschi Trovesi”.

C: Cosa senti di aver scoperto o riscoperto grazie alla frequenza della Scuola di Musicoterapia Umanistica “Giulia Cremaschi
Trovesi”?

P: Quando ho fatto l’ammissione al corso non sapevo nulla della Musicoterapia, anzi prima non ne
ero minimamente interessato ed ero convinto che non avrei mai fatto degli studi in questo
ambito. Ma…
…ho scoperto Giulia Cremaschi, ecco, ritengo che sia stato proprio un caso fortuito perché poche
volte nella vita si può essere davanti ai grandi maestri, ma bisogna essere pronti per riconoscerli.
Così mi sono iscritto al corso con l’unica idea di voler imparare da lei.
Durante il corso ho conosciuto diverse personalità e diversi pensieri che hanno arricchito la mia
visione della musica. Il panorama allora si è allargato e ho cominciato a vedere “dal vivo” come
effettivamente la musica aveva a che fare con la natura dell’uomo, e tali conferme venivano da
bambini con gravi malattie congenite, che attraverso la musica potevano esprimersi. Con Giulia ho
scoperto il vero senso delle parole di Willems “la musica è per tutti”.
Ho imparato una musicoterapia dove la musica è al centro di ogni intervento. Nelle sedute, si
canta, si improvvisa, si suona, si impara a leggere la musica. Da questi incontri il bambino trae un
significativo giovamento sia cognitivo che emotivo.
A livello personale ho riscoperto le mie capacità comunicative e musicali che fino a quel momento
non avevo usato a pieno o usato in forma inconsapevole. Giulia è stata come uno specchio nel
quale sono riuscito a guardarmi e a riscoprire ciò che, per qualche motivo, avevo fino ad allora
tenuto nascosto.

C: C’è qualche aspetto generale o laboratorio particolare che hai apprezzato molto, qualcosa che
hai appreso che trascendesse la tua cultura musicale pregressa?

P: Ricordo il primo anno con particolare entusiasmo e grande considerazione. Durante quest’anno
abbiamo visto una ricca sfilata di personalità, grandi conoscenti della loro materia, che ci hanno
parlato di pedagogia, pedagogia musicale, ma soprattutto noi stessi abbiamo partecipato alle loro
proposte facendo, suonando, cantando, improvvisando, riconoscendo, toccando, persino
ballando.
All’interno del corso abbiamo anche avuto la grande fortuna di avere Simona Colpani.
Devo dire che ogni volta che mi approccio ad un nuovo campo di studio, non essendo madrelingua
italiana, devo imparare il vocabolario tecnico della materia. Il primo anno incontravo tanti vocaboli
da imparare, ma quando Simona parlava io capivo tutto! Ricordo che ogni volta che c’era lei a
parlarci, di qualunque cosa, sapevo che sarebbe stata una giornata intensa ma che lei avrebbe
reso tutto così “fluido” che anch’io avrei tratto profitto dal suo intervento.

C: Penso che la tua attività pianistica e il tuo incarico di insegnante di musica, di sostegno e di
pianoforte siano dei contesti molto validi in cui agire le tue molteplici risorse umane e musicali, che
sono anche le basi del musicoterapeuta. Sei d’accordo?

P: Il compito principale di tutti questi lavori è aiutare, guidare la persona a scoprirsi mettendo in
moto le proprie risorse personali nei diversi compiti, sia esso uno spartito o un esercizio di
grammatica. Noi siamo solo un mezzo.
Dopo i miei studi di musicoterapia non posso guardare il mondo come prima.
Posso dire che l’unica cosa che il corso non è riuscito a fare è esaurire le mie curiosità!

SCUOLA DI MUSICOTERAPIA: L’ESPERIENZA DI FRANCESCO E MARTINA

Siamo Francesco e Martina, decidiamo di scrivere queste righe insieme perché, nonostante sia difficile descrivere in poche righe quello che si vive per quattro anni all’interno della scuola di musicoterapia, vogliamo provare a raccontarvi la nostra esperienza di tirocinio, condivisa.

Siamo arrivati alla scuola di musicoterapia in modi diversi, ma il percorso ha unito le nostre differenti strade per condurci in un’unica direzione: la qualità della relazione. La musica è stata un elemento determinante. Ci ha aiutato a capire cosa significhi realmente la parola risonanza, intesa appunto come ri-sonare e quindi suonare con l’altro. Questo è il concetto chiave per entrare in una relazione autentica con una persona, senza giudizio. Ciascuno di noi va bene così com’è.

La realtà che abbiamo vissuto per quattro anni ha reso ciascuno di noi protagonista e facciamo fatica a descrivere efficacemente tutte le esperienze e le emozioni che abbiamo vissuto.

Il terzo anno della scuola di musicoterapia prevede che i corsisti si mettano in gioco con l’esperienza sul campo, questa voglia essere affiancamento a un professionista, ma anche esperienza diretta.

Decidiamo quindi di organizzare i nostri laboratori musicali assieme. L’idea nasce dalla proposta di un lavoro presso una residenza per disabili a Milano, successivamente pensiamo di allargare l’esperienza anche con un gruppo di bambini della scuola dell’infanzia.

Le due realtà sono differenti, ma fin da subito stabiliamo gli obiettivi che vorremmo attuare nel corso del tempo. Iniziamo queste due esperienze durante il quarto anno. Prenderci un anno in più per incominciare ci ha permesso di “buttarci” a pieno in questo lavoro, più maturi e con minor timore.

Entrambi avevamo già lavorato con i bambini, ma grazie alla scuola di musicoterapia il modo di approcciarsi, il modo di relazionarsi, il modo di condurre un’attività sono notevolmente cambiati. Siamo noi a essere cambiati.

La nostra crescita è avvenuta nel corso dei quattro anni, grazie anche a vari momenti di formazione personale, fondamentali per il nostro cambiamento. Possiamo dire quindi che la scuola di musicoterapia è stata per noi una vera scuola di vita.

Il lavoro all’interno della residenza per disabili invece è stata un’esperienza nuova per entrambi. Il condurre insieme il laboratorio di musica all’interno della residenza ci ha aiutato ad avere un duplice e più completo punto di vista. Ci è stato utile nel condividere le emozioni, sempre molto forti e positive. Il lavorare in coppia è stata una bella scoperta.

 

 

Il Convegno di Bolzano, un punto di incontro e un nuovo inizio

Sabato 1° ottobre 2022 Cesfor ha tenuto a Bolzano, in collaborazione con l’associazione “Punto di Svolta”, un convegno internazionale interamente dedicato alla musicoterapia. La giornata, dal titolo “Al Centro del Suono: la musicoterapia lungo l’arco della vita” si è svolta presso la sede di Eurac Research.
L’iniziativa, programmata in un primo tempo per il 28 marzo 2020, è stata più volte rinviata causa pandemia, ma finalmente è stato possibile organizzarla con sufficienti margini di sicurezza.

Sul palco sono stati accolti tre musicoterapeuti di riconosciuta fama internazionale:

Joanne Loewy – Direttrice del “Louis Armstrong Center for Music and Medicine” di New York, Alan Turry – Direttore del “Nordoff-Robbins Center for Music Therapy” della New York University Steinhardt ed Esa Ala-Ruona – musicoterapeuta finlandese, già Presidente della EMTC (European Music Therapy Confederation).

Il convegno ha rappresentato un momento particolarmente significativo anche per il panorama musicoterapeutico nazionale con la partecipazione come relatori dei quattro presidenti delle associazioni nazionali di musicoterapia riconosciute a livello europeo dalla EMTC: Mariagrazia Baroni (AIM), Giulia Cremaschi Trovesi (FIM), Renato De Michele (AIREM) e Roberto Ghiozzi (Punto di Svolta).

La mattinata e la prima parte del pomeriggio sono stati dedicati agli interventi dei sette relatori, mentre successivamente è stato possibile partecipare a tre differenti workshop pratici.

Il punto di partenza della giornata è stato la messa in evidenza che tutti i relatori fossero certi dei benefici che porta la musica all’uomo, non conosce controindicazioni, né limiti di età. Dalla gestazione fino all’ultimo respiro.

La Presidente Giulia Cremaschi Trovesi nel suo intervento ha posto l’accento sulla Musicoterapia Arte della comunicazione. È il momento di guardare ai tanti modi di fare musicoterapia per individuare i fondamenti teorico-scientifici- epistemologici. Ogni associazione presenta la musicoterapia secondo i suoi criteri frutto del lavoro di anni.

È stato un momento di formazione e aggiornamento di altissimo livello, che ha richiesto un notevole sforzo a livello organizzativo. Un grande ringraziamento a tal proposito a Luca Moresco del CESFOR di Bolzano per l’ottima organizzazione del Convegno “Al centro del suono” e a Roberto Ghiozzi, Presidente ospitante.

Tutti i relatori si sono presentati in maniera chiara, generosa, sono risultati appassionati, coraggiosi e anche umili nel raccontare il loro lavoro: l’accompagnamento nel fine vita, la musicoterapia nel pronto soccorso, in sala operatoria, tra i giovani a rischio, la musica con gruppi di adolescenti e il lavoro di Giulia con i bambini sordi… tanti elementi su cui riflettere per tutti i partecipanti. Finalmente c’è stato un incontro di apertura e condivisione, come importante è stato il fatto che i Presidenti delle Associazioni si siano riuniti per parlare di musicoterapia alla pari.

Non ci sono state domande come spesso accade nei convegni ma ogni relatore ha avuto il suo spazio di 30 preziosi minuti, certo non esaustivi ma auspichiamo quindi che ci potranno essere altri incontri di questo genere, dove condividere e approfondire la conoscenza tra i professionisti delle diverse associazioni.

Giulia ha anche messo in evidenza come per la FIM è il momento di porsi domande che potrebbero sembrare ovvie e valutare se le risposte risultano in modo corretto.

  • Che cosa è il suono?
  • Di che cosa è fatto il suono?
  • Come percepiamo il suono se è invisibile e inafferrabile?
  • Siamo consapevoli di quello che percepiamo?
  • A che cosa serve il suono?
  • Che importanza ha per il nostro vivere?
  • È possibile scriverlo?
  • Che cosa si è scritto e si scrive del suono?

Come Comitato Scientifico siamo a disposizione a ricevere ogni contributo appassionato e costruttivo che possa giungere da ogni professionista per continuare un così affascinante cammino alla scoperta di ciò che ci appartiene e va onorato.