SCUOLA DI MUSICOTERAPIA: SERENA PERINI RACCONTA
Ripensando ai miei quattro anni di formazione presso l’APMM (Associazione
Pedagogia Musicale e Musicoterapia “G. Cremaschi Trovesi”) e chiedendomi
come trasformare in un testo scritto le sensazioni, emozioni ed esperienze
vissute durante questo periodo la parola che compare spesso è “Curiosità”.
La Curiosità è ciò che mi ha condotto prima ad interrogarmi sulla parola
musicoterapia e a chiedermi: di cosa si tratta esattamente? E’ un termine che ha
origini molto antiche e che ancora oggi è presente nella nostra società; che cosa
si nasconde dietro a questa parola “musico-terapia”?
La Curiosità poi mi ha condotto ad iscrivermi durante i miei anni di studio di
flauto in Conservatorio a due bellissimi stage di jazz, prima a Fabriano e poi a
Labro. Qua ho incontrato una contrabbassista, poi diventata cara amica.
A distanza di anni dai seminari jazz, scopro che questa amica si è trasferita poco
lontano da dove abito e così – sempre la Curiosità – mi porta a contattarla e a
chiederle se vogliamo vederci per bere qualcosa insieme. Ed è in questa
occasione che sento parlare per la prima volta di Giulia Cremaschi Trovesi e del
suo approccio umanistico alla musicoterapia.
Incuriosita, il giorno successivo cerco informazioni su internet e scopro che
dopo qualche mese sarebbe iniziato il primo corso di musicoterapia. In questi
anni ho spesso ringraziato l’amica contrabbassista per avermene parlato perché
frequentare questo corso è stata per me un’esperienza estremamente
arricchente ed entusiasmante.
Già laureata in storia e filosofia, ho avuto modo per la prima volta di assistere a
una pedagogia di tipo maieutico-socratico ed incentrata sul learning by doing.
Ho sperimentato poi un livello di attenzione mai avuto durante tutto il mio
percorso di formazione. Ciò che mi ha stupito fin dall’inizio è stata la profondità
con la quale le tematiche del corso sono state affrontate. Entusiasmanti sono
state le lezioni riguardanti i campi del linguaggio, della matematica e della
musica.
Mai avrei pensato che dietro alla parola musicoterapia potesse nascondersi tutto
ciò: l’improvvisazione musicale calibrata sulla partitura vivente, la nascita della
parola, il numero in relazione allo spazio, l’apprendimento della lettura e
scrittura musicale. Mi ha incuriosito molto anche la modalità di insegnamento
dell’improvvisazione al pianoforte: da un suono sulla tastiera nelle diverse
ottave all’utilizzo creativo della cadenza italiana.
Il corso di musicoterapia e pedagogia musicale ha sicuramente arricchito la mia
professione di insegnante di musica e di sostegno presso la scuola Secondaria di
primo grado: mi ha insegnato a non dare nulla per scontato, ad intuire i bisogni
degli alunni e a valorizzare i piccoli passi.
Fondamentale e in continuo work in progress è inoltre il lavoro di formazione
personale: un lavoro iniziato con il gruppo e che poi ho deciso di proseguire
individualmente. Sicuramente il corso frequentato è impegnativo per ciò che
riguarda “il dopo”, cioè la formazione permanente sia personale che
professionale ma – nello stesso tempo – è estremamente gratificante.
Sono grata per aver avuto l’opportunità di far parte di un bellissimo gruppo – sia
di compagni di corso sia di docenti – che ha allargato i miei orizzonti,
modificando con gentilezza il mio modo di comunicare, ascoltare e fare musica.
Vorrei concludere questo breve testo augurandomi di riuscire a trasmettere nel
mio lavoro di insegnante e nelle attività di musicoterapia che conduco la
profondità, ricchezza e gioiosità dei principi della musicoterapia umanistica.
Serena Perini