L’esperienza di Claudia Del Bello alla Scuola di Musicoterapia Umanistica

Negli anni 2016 – 2020 ho vissuto quattro anni di alta formazione densa di esperienze significative.
Significativi gli incontri con formatrici e colleghi di studi e con le persone incontrate durante i tirocini: tutti avevano da insegnarmi qualcosa.
Mi sono orientata alla Scuola di Musicoterapia Umanistica in seguito a consigli di persone che poco ne sapevano di arteterapia e di me, ma avevano percepito una mia maggiore attitudine alla relazione e all’ascolto del collettivo piuttosto che ad un’attività da solista performante. Non avevo amato il loro consiglio, sarò sincera, ma grazie a quel germe di curiosità, mi imbattei di lì a poco in un convegno presso il conservatorio dove studiavo. Partecipai e lì ascoltai per la prima volta Giulia Cremaschi Trovesi: il giorno stesso decisi di iscrivermi all’esame di ammissione della Scuola quadriennale di Musicoterapia; ero felicemente in tempo, e di questo gioisco ancora oggi.

Credo che vivere dense giornate di formazione con professioniste come quelle che ho potuto incontrare sia stata un’esperienza unica e preziosissima. Non avevo mai frequentato alcuna scuola con lo stesso entusiasmo e con la fame di esperire cose nuove senza la paura del giudizio.
Anche i tirocini (tutti e soprattutto quelli attivi in cui la professionista mi metteva all’opera continuamente) sono stati svolti nel pieno senso dell’apprendere, dello scoprire e dello scoprirsi in relazione con l’altro.
Giulia ci ha sempre detto, credendoci e guardandoci profondamente negli occhi, che ognuno ha delle risorse proprie e si tratta “solamente” di “tirarle fuori”. Questo il lavoro più grosso che Giulia ci ha aiutato a fare con noi stessi. In quei quattro anni meravigliosi abbiamo sperimentato su di noi il lavoro che va costruito con le persone che incontriamo in musicoterapia: favorire l’espressione delle risorse di ognuno e valorizzarle, grazie ad una relazione che è suono e che dialoga e si rinforza nel suono, nel canto, nell’agire insieme.

Mi sono rispecchiata nel modello della Musicoterapia Umanistica e in questa traccia provo a procedere.
A fronte di un grande carico di energia positiva, di un bagaglio di autostima più consistente, di maggiori competenze, della buona predisposizione verso un lavoro tanto delicato e al contempo tanto energico, la realtà post-scolastica non è stata semplicissima. Il periodo covid ha sgonfiato il grande entusiasmo subito dopo il diploma nel Settembre 2020; ancora oggi, tolte alcune collaborazioni con realtà scolastiche, mi trovo con fatica a individuare spazi o persone che possano comprendere e accogliere progetti di musicoterapia umanistica. Il mio sogno è creare un luogo dove poter svolgere la mia professione, come quello in cui lavorano le musicoterapeute che ho conosciuto, uno spazio libero e solido, tutelante per chi viene e per chi ci lavora. Il mio sogno ancora più grande è una collaborazione con altre professioniste/i arteterapeuti e con il territorio.
Perseguo un percorso tortuoso verso un equilibrio economico che mi permetta di investire, nel frattempo prendo spunto da questo articolo per rilanciare collaborazioni a reti vecchie e nuove, per rigioire insieme!