Musicoterapia e scuola: un binomio possibile?

Sono Roberta Alberti, Musicoterapeuta certificata.

Dopo il diploma in Conservatorio mi sono formata con Giulia Cremaschi Trovesi e ho lavorato molti anni come Musicoterapeuta, ho preso l’abilitazione come insegnante di Musica nella scuola secondaria di primo e secondo grado, e mi sono specializzata sul Sostegno. Lavoro presso una scuola molto grande, con due sezioni ad indirizzo Musicale. E’ una scuola Potenziata, ciò significa che accoglie anche ragazzi con disabilità molto gravi, oltre a tutti gli altri ragazzi che hanno il sostegno. La scuola dispone di ampi spazi dedicati agli alunni disabili e ai loro compagni di classe (una grande cucina, una stanza relax, la stanza di Psicomotricità) e naturalmente aule adibite alle lezioni di strumento e orchestra. C’è quindi la possibilità di poter avere un’aula libera con il pianoforte. Da anni tengo il Laboratorio di Musicoterapia con cadenza settimanale per due gruppi ristretti di alunni, i più gravi dei quali vengono accompagnati dal proprio insegnante o educatore.

Sono tra i soci fondatori della F.I.M. e ho lavorato a lungo sui princìpi teorici della Musicoterapia. La domanda che mi sono posta è stata: come lavorare dentro la scuola senza tradire i princìpi cardine della Musicoterapia A.P.M.M.?

Per quanto riguarda il setting posso usufruire di una stanza tutta per me, con un pianoforte a muro e spazio per potersi muovere. Porto con me il materiale creato negli anni, materiale unico, che sin da subito desta stupore nei ragazzi e in chi li accompagna. Inizio sempre con un lavoro sul corpo: siamo in un contesto scolastico, i ragazzi arrivano da me dopo alcune ore di lezione, c’è bisogno di creare uno stacco con la realtà circostante, un luogo in cui ci sia la possibilità di sperimentare un ascolto diverso, di sé e degli altri: le sedie sono poste in cerchio intorno al pianoforte, al quale solo io ho accesso. Inizio dando ad ogni ragazzo e a ogni adulto che lo accompagna un oggetto che permetta di lavorare sul corpo attraverso un contatto non troppo invasivo. All’inizio si tratta di sintonizzarsi gli uni sugli altri, in un dialogo che, partendo dalla macro differenziazione tra suono e silenzio, via via si farà  sempre più raffinato, al variare delle mie modalità nel suonare e dei gesti, con intensità di suono differenti, diversi ritmi, diverse velocità di esecuzione.

Il lavoro in piccolo gruppo ha grandi potenzialità: è un lavoro vario, i ragazzi imparano ad aspettare, ad osservare l’altro, a imitarlo, a rispettare i turni. Ognuno di questi aspetti è un importante obiettivo da perseguire, che porta frutto ed è trasversale a tutti gli ambiti. Ogni ragazzo impara a proporre, a esporsi di fronte agli altri, a mettersi in ascolto, ad essere protagonista. Spesso i ragazzi con cui lavoro non sanno proporre, non si concedono il diritto di affermarsi, forse nessuno ha mai guardato a loro come a persone competenti. La Musicoterapia permette a chi è presente di guardare ai ragazzi in modo nuovo, di porre al centro non tanto ciò che manca, ma di vedere la ricchezza che essi già hanno in sé, le potenzialità che aspettano di esprimersi, di poter emergere.

Lavoriamo sul Dialogo Sonoro, sull’uso della voce, sul movimento. Ci avviciniamo al pianoforte, ne percepiamo il suono nel corpo, nelle mani. Cantiamo, dapprima i nostri nomi, poi conte e filastrocche tratte dalla tradizione popolare; lavoriamo sul movimento, con nastri e veli, il tutto sempre guidato dal pianoforte che improvvisa sulla situazione che via via si viene a creare.

Ogni incontro è nuovo, il dialogo e l’interazione tra noi sono sempre una novità, e la relazione cresce dentro il gruppo, grazie alla musica.

Anche la scuola può essere luogo di un cambiamento terapeutico indotto dalla Musica, purché sussistano determinate condizioni e vengano rispettati tutti i princìpi teorici su cui si basa il nostro modello di Musicoterapia.

Inoltre la presenza degli educatori e degli insegnanti di sostegno mi permette di fare un lavoro di formazione: spiego le attività, le inquadro nella cornice dei contenuti teorici, spiego da dove vengono determinati lavori, e dove portano. Nulla è per caso, e questa è un’occasione preziosa di crescita; la fatica maggiore è costituita dal portare gli insegnanti a superare i pregiudizi, il bisogno di dare istruzioni, di intervenire con la parola nei momenti – preziosissimi – di silenzio. Di mettere a tacere l’ansia per la prestazione, che sempre ci permea dentro la cultura in cui viviamo. Voglio che i ragazzi conoscano il bello attraverso la musica, e voglio che questa esperienza apra a loro uno sguardo nuovo su di sé.

 

Roberta Alberti