Scuola di Musicoterapia: l’esperienza di Pablo Díaz Cázares “LA CURIOSITA’ INESAURIBILE”

C: Pablo, la tua storia personale, come quella di ognuno, è unica; la tua, all’interno del gruppo di
studio 2016-2020, è particolare anche perché tu non vivi in Italia da sempre. Lo studio, inoltre,
sembra non cessare mai nella tua vita – e mi ricorda qualcuno che questa Scuola l’ha fondata! -.
Raccontaci un po’ per quali studi sei arrivato in Italia, quali altri hai intrapreso prima di approdare
alla Scuola di Musicoterapia, e a quali ti sei dedicato poi o cui ancora vorresti dedicarti.

Pablo: Appena laureato in pianoforte nel Centro Nazionale delle Arti a Città del Messico mi ero
trasferito al sud del Messico, nella città di Merida nello Yucatan, dove avevo cominciato a
insegnare e accompagnare nella recentemente fondata ESAY (Scuola Superiore delle Arti dello
Yucatan). La curiosità, che non sono mai riuscito ad appagare, mi ha spinto a cercare informazione
sulle diverse borse di studio e ho scoperto che il governo italiano in accordo con il governo del
Messico aveva un programma di cooperazione bilaterale per professionisti che occupassero
posizioni strategiche per lo sviluppo del Paese, il lavoro che io facevo aveva quelle caratteristiche.
Così dopo un lungo iter burocratico cominciato nell’Ambasciata italiana di Città del Messico e nel
mezzo della prima pandemia che abbia mai vissuto, dovuta al virus H1N1 sviluppatasi proprio in
Messico, ad ottobre del 2009 faccio il mio primo viaggio in Italia per fare l’ammissione al
Conservatorio “Tomadini” di Udine per frequentare il biennio specialistico.
In Italia mi sono laureato in pianoforte, nel frattempo all’interno del Conservatorio avevo sentito
della metodologia Willems e così dopo la laurea mi sono iscritto al corso Willems che ho
frequentato per tre anni. Tale metodologia mi ha introdotto nello studio di un pensiero molto
profondo che ha come scopo lo sviluppo dell’orecchio musicale. In questo contesto comincio a
capire come la musica sia una espressione legata direttamente alla natura dell’essere umano e
rispecchi intrinsecamente il suo mondo interiore.
Nel 2016 quasi incidentalmente vengo a sapere della Scuola di Musicoterapia Umanistica A.P.M.M.
“Giulia Cremaschi Trovesi”.

C: Cosa senti di aver scoperto o riscoperto grazie alla frequenza della Scuola di Musicoterapia Umanistica “Giulia Cremaschi
Trovesi”?

P: Quando ho fatto l’ammissione al corso non sapevo nulla della Musicoterapia, anzi prima non ne
ero minimamente interessato ed ero convinto che non avrei mai fatto degli studi in questo
ambito. Ma…
…ho scoperto Giulia Cremaschi, ecco, ritengo che sia stato proprio un caso fortuito perché poche
volte nella vita si può essere davanti ai grandi maestri, ma bisogna essere pronti per riconoscerli.
Così mi sono iscritto al corso con l’unica idea di voler imparare da lei.
Durante il corso ho conosciuto diverse personalità e diversi pensieri che hanno arricchito la mia
visione della musica. Il panorama allora si è allargato e ho cominciato a vedere “dal vivo” come
effettivamente la musica aveva a che fare con la natura dell’uomo, e tali conferme venivano da
bambini con gravi malattie congenite, che attraverso la musica potevano esprimersi. Con Giulia ho
scoperto il vero senso delle parole di Willems “la musica è per tutti”.
Ho imparato una musicoterapia dove la musica è al centro di ogni intervento. Nelle sedute, si
canta, si improvvisa, si suona, si impara a leggere la musica. Da questi incontri il bambino trae un
significativo giovamento sia cognitivo che emotivo.
A livello personale ho riscoperto le mie capacità comunicative e musicali che fino a quel momento
non avevo usato a pieno o usato in forma inconsapevole. Giulia è stata come uno specchio nel
quale sono riuscito a guardarmi e a riscoprire ciò che, per qualche motivo, avevo fino ad allora
tenuto nascosto.

C: C’è qualche aspetto generale o laboratorio particolare che hai apprezzato molto, qualcosa che
hai appreso che trascendesse la tua cultura musicale pregressa?

P: Ricordo il primo anno con particolare entusiasmo e grande considerazione. Durante quest’anno
abbiamo visto una ricca sfilata di personalità, grandi conoscenti della loro materia, che ci hanno
parlato di pedagogia, pedagogia musicale, ma soprattutto noi stessi abbiamo partecipato alle loro
proposte facendo, suonando, cantando, improvvisando, riconoscendo, toccando, persino
ballando.
All’interno del corso abbiamo anche avuto la grande fortuna di avere Simona Colpani.
Devo dire che ogni volta che mi approccio ad un nuovo campo di studio, non essendo madrelingua
italiana, devo imparare il vocabolario tecnico della materia. Il primo anno incontravo tanti vocaboli
da imparare, ma quando Simona parlava io capivo tutto! Ricordo che ogni volta che c’era lei a
parlarci, di qualunque cosa, sapevo che sarebbe stata una giornata intensa ma che lei avrebbe
reso tutto così “fluido” che anch’io avrei tratto profitto dal suo intervento.

C: Penso che la tua attività pianistica e il tuo incarico di insegnante di musica, di sostegno e di
pianoforte siano dei contesti molto validi in cui agire le tue molteplici risorse umane e musicali, che
sono anche le basi del musicoterapeuta. Sei d’accordo?

P: Il compito principale di tutti questi lavori è aiutare, guidare la persona a scoprirsi mettendo in
moto le proprie risorse personali nei diversi compiti, sia esso uno spartito o un esercizio di
grammatica. Noi siamo solo un mezzo.
Dopo i miei studi di musicoterapia non posso guardare il mondo come prima.
Posso dire che l’unica cosa che il corso non è riuscito a fare è esaurire le mie curiosità!